Cerca

Terremoto nel clan Moccia: «Racket, soffiate e 7 delitti»

Terremoto nel clan Moccia: «Racket, soffiate e 7 delitti»

Il neo pentito Michele Puzio fa luce sulla faida e accusa pure un poliziotto

NAPOLI. Una sterminata scia di sangue, un infinito elenco di estorsioni e l’appoggio incondizionato di alcuni poliziotti infedeli in servizio nella questura di Napoli. Sono questi i tre punti chiave sui quali Michele Puzio, ventidue anni di ininterrotta militanza camorristica al vertice del clan Moccia, ha incardinato la propria recentissima decisione di collaborare con la giustizia. Quello che a breve po-trebbe scaturirne rischia di essere così uno tsunami giudiziario senza precedenti nella storia e in grado di decapitare l’intero ponte di comando della potentissima cosca con base ad Afragola. Sul tavolo degli inquirenti della Dda ci sono intanto già sette omicidi eccellenti che l’ex pupillo di Luigi Moccia e fedelissimo di Francesco Favella “’o cecce” ha ricostruito per filo e per segno. Ecco, dunque, le prime inedite rivelazioni del 56enne neo pentito. 
Sottoposto a un lungo interrogatorio il 4 febbraio scorso, Puzio ha affidato al procuratore aggiunto Rosa Volpe e al sostituto Gianfranco Scarfò una vera raffica di indicazioni. E lo ha fatto partendo da un delitto atroce di cui lui stesso si rese protagonista, l’omicidio del boss Immacolata Capone, assassinata nel 2004 davanti una polleria di Sant’Antimo: «L’omicidio - ha spiegato Puzio -è stato commesso perché la donna era ritenuta la mandante dell’omicidio di suo marito Giorgio (Salierno, ndr). Su quest’omicidio però dopo ho saputo un’altra co-sa. Preciso che l’omicidio di Imma Capone è stato commesso da me e omissis, e fu preceduto da un primo tentativo non andato a buon fine». Stabilito il contesto, il racconto di Puzio entra quindi nel vivo: «La prima volta che abbiamo individuato la macchina di Imma Capone, che era una “Rav” grigia, l’abbiamo seguita. L’abbiamo avvicinata, sorpassata e fermandola le abbiamo tagliato la strada. Ho puntato l’arma verso la conducente e mi sono accorto che non era Imma Capone, per cui ritrassi il braccio».

L’appuntamento con la morte era però solo rimandato di pochi giorni: «Giravamo per Sant’Antimo anche se era rischioso perché era-vamo armati. Notammo l’auto “Rav” ferma dentro una traversa vicino a un bar. Scesi e notai Imma Capone che usciva dal bar con un signore. Io la conoscevo perché era un’imprenditrice e ci aveva fatto fare qualche estorsione, ci indicava i cantieri dove poter-le fare. Uscita dal bar, le andai incontro sparandole addosso ma senza colpirla. Si rifugiò in una polleria e lì le sparai. Nel correr-le dietro persi il cappellino che indossavo». Una circostanza, que-st’ultima, che nel settembre scor-so era costata a Michele Puzio una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Il boss sapeva già di rischiare grosso e per questo motivo il clan lo aiuto a costruirsi un alibi di ferro con la compli-cità di un pubblico ufficiale, comunque da ritenere innocente almeno fino a prova contraria: «Dopo 4-5 giorni mi sono incontrato con Iazzetta (Filippo, ndr), anch’egli preoccupato per il capellino che avevo perso. Iniziai a pen-sare come potermi trovare un alibi. Mi sono pertanto incontrato con un vigile urbano, tale Michele Guerra, tramite Mimmo Gallo, fratello del titolare di un’agenzia di pompe funebri ad Afragola. Non conoscevo il vigile prima di incontrarlo a casa di Antonio Maldarelli. Il vigile venne munito di blocchetto per le multe e mi chiese cosa mi occorresse. Gli dis-si che mi serviva una contravvenzione per un’infrazione commessa a Casoria, alle 17,15 circa, del giorno dell’omicidio. Indicai però solo il giorno di mio interesse. Il vigile compilò il verbale e me ne diede una copia dopo la mia sottoscrizione». Puzio non si sentiva però ancora al sicuro, tanto che decise di confidarsi anche con il poliziotto in servizio a Napoli, Salvatore Zimbaldi, già coinvolto in un’altra inchiesta sul clan Moccia: «Mi confrontai con Salvatore, il quale mi disse che avevo fatto bene a farmi rilasciare la contravvenzione falsa. In seguito però non ho più trovato questo verbale e mi allarmai». Quello di Capone è il primo dei sette omicidi sui quali Puzio ha fatto luce. Delitti in parte “omissati”, ma che potrebbero rimanere tali ancora per poco. 

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Roma

Caratteri rimanenti: 400

Logo Federazione Italiana Liberi Editori