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22 Luglio 2020 - 13:36
MARIGLIANO. Interrogatori fiume, durante i quali i collaboratori di giustizia, almeno cinque, Cristiano Piezzo, Massimo Pelliccia, Fortunato Piezzo, detto winny e figlio del boss, Aurelio Raffaele e persino Tommaso Schisa, genero di Sciamarro e dunque appartenente alla fazione opposta, hanno tutti dichiarato la medesima cosa: Carpino accompagnato da Luigi Esposito a casa di Piezzo, avrebbe chiesto aiuto (alla camorra) per vincere le elezioni. Dai 30 ai 40mila euro la somma pattuita con i boss in cambio dei voti, ed inoltre avrebbe garantito loro la gestione degli appalti e d altri favori.
«Carpino conosce il mio calibro criminale e sapeva bene che comandavo io a Pontecitra. Non mi chiese come avrei fatto ad ottenere il voto dalle persone né io gliel'ho detto - dice Piezzo in uno degli interrogatori - gli chiesi (in cambio dei voti) posti di lavoro. Mi garantì che avrei gestito io insieme a Sciamarro una società di ex detenuti da assumere per la manutenzione e i lavori di pulizia del rione. Chi comanda non comanda veramente se non comanda al Comune. Per un clan è importante avere uomini di propria fiducia sul comune, che quando ci sono le gare di appalto le possono gestire per far vincere gli imprenditori che pagano il pizzo al clan».
«Usavamo i soldi e la paura - le parole di Tommaso Schisa - da un lato offrivamo all'elettore il denaro. Dall'altro sapevano che avevano paura di noi. Solo un pazzo ci avrebbe detto di no perché sapevano che gli avremmo fatto saltare la macchina. Tutti avevano paura, sapevano chi eravamo. Carpino era il difensore di fiducia di mio suocero, Luigi Esposito. Noi abbiamo comprato i voti per farlo vincere. Tutti i candidati a sindaco hanno chiesto il nostro aiuto, tranne una donna che si chiamava Iovine».
«La gente aveva paura perchè sapeva che Piezzo aveva il vizio di prendersi le case. Per paura di perdere la casa non dicevano mai di no - ha dichiarato Aurelio - però per comprare i voti per Carpino, facevamo pure la spesa alle famiglie bisognose o pagavamo le bollette».
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