Tutte le novità
13 Agosto 2020 - 17:08
NAPOLI. Una mattanza di inaudita ferocia per “mettere a posto” il capozona del clan Lo Russo che aveva deciso di fare di testa propria. Risolto dopo undici anni il terrificante caso di lupara bianca maturato grazie a uno scambio di favori e killer tra la storica cosca di Miano e gli alleati del cartello secondiglianese AmatoPagano. Nel primo pomeriggio di ieri sono stati recuperati in un terreno alle spalle della circumvallazione esterna di Mugnano i corpi, o meglio le ossa, del ras ribelle Francesco Russo “’o dobermann”, del figlio Ciro e del loro guardaspalle Vincenzo Moscatelli. I cadaveri, ormai irriconoscibili, erano sepolti a oltre dieci metri di profondità e sono stati recuperati grazie a un lavoro di scavo andato avanti per oltre 20 giorni e che ha interessato un lotto ampio più di 1.500 metri quadrati.
Dopo i cinque ergastoli inflitti lo scorso anno nel processo di primo grado, la clamorosa svolta sul caso è arrivata grazie al paziente lavoro di controindagine condotto negli ultimi mesi dall’avvocato Luigi Senese, difensore di Francesco Biancolella e del ras Carmine Amato. Proprio quest’ultimo, già reo confesso nel rito abbreviato, ha fornito alcune importanti indicazioni che si sono rivelate determinanti ai fini della controindagine.
Il colpo di scena va tra l’altro a inserirsi nel solco delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Carmine Cerrato (classe 1971), il quale, oltre ad accusare Biancolella, che però si è sempre professato innocente, nel 2015 aveva indicato agli inquirenti della Dda di Napoli il punto esatto nel quale i tre cadaveri erano stati seppelliti.
In via Magellano, nonostante un lavoro di scavo andato avanti per diversi giorni, i corpi delle tre vittime non furono mai ritrovati. Proprio questa circostanza, secondo la linea portata avanti dal penalista Senese, potrebbe mettere in discussione l’attendibilità del pentito Cerrato, oltre che parte dell’impianto accusatorio incardinato sulle sue rivelazioni. Per la cronaca, quando quel primo scavo diede esito negativo Cerrato sostenne che il ras Carmine Amato fece spostare i corpi a sua insaputa: uno scenario, quest’ultimo, che il nipote del capoclan Raffaele Amato in seguito ha smentito con assoluta fermezza. Nel frattempo arrivano però i primi cinque ergastoli: fine pena mai per Cesare Pagano, Carmine Amato, Oscar Pecorelli, Oreste Sparano e Francesco Biancolella. Caso chiuso, dunque? Neanche per sogno.
L’importante colpo di scena è arrivato nel primo pomeriggio di ieri, quando gli operai al lavoro nello scavo di Mugnano hanno effet-tivamente individuato e recuperato le ossa di tre cadaveri che, con tutta probabilità, si riveleranno essere quelli di Francesco Russo, Ciro Russo e Vincenzo Moscatelli. Alle operazioni hanno preso parte anche i carabinieri e il pubblico ministero titolare dell’indagine. Il terreno in questione si trova a circa 200 metri di distanza da quello indicato cinque anni dal killer Cerrato. L’incertezza del suo racconto rischia adesso di aprire le porte a un nuovo colpo di scena nel processo d’appello.
Copyright @ - Nuovo Giornale Roma Società Cooperativa - Corso Garibaldi, 32 - Napoli - 80142 - Partita Iva 07406411210 - La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo - Il giornale aderisce alla FILE (Federazione Italiana Liberi Editori) e all'IAP (Istituto di autodisciplina pubblicitaria) Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo giornale può essere riprodotta con alcun mezzo e/o diffusa in alcun modo e a qualsiasi titolo