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27 Agosto 2020 - 19:02
NAPOLI. «Arrivati a destinazione, vedemmo un gruppo di persone, ma non riuscivo a individuare la vittima designata. Allora Antonio Prinno, preso un po’ dal panico, mi urlò di cominciare a sparare nel gruppo. Così feci e rimasero ferite alcune persone, ma non Ciro Russo. Riuscì a localizzarlo e lo inseguii per ucciderlo: la moglie mi si parò davanti, la scostai e lo uccisi sparandogli alla testa mentre era a terra». Ecco i passaggi più significativi dell’interrogatorio di Ciro Spirito, esecutore materiale dell’omicidio di Ciro Russo insieme con Antonio Prinno, arrestato proprio per quel reato. Il 27enne figlio del defunto boss Domenico detto “Mimì dei cani”, era latitante e si nascondeva a Boscoreale grazie all’appoggio degli Acquino, gruppo di malavita locale. Ma nel clan Misso era stato deciso che dovesse essere eliminato e così qualcuno nella cittadina vesuviana fece la “soffiata” rivelatasi mortale. All’agguato parteciparono un esponente dei Mazzarella, come appunto il killer, e Antonio Prinno di rua Catalana, componente di una famiglia alleata al cartello opposto a Secondigliano.
IL RACCONTO DELL’AGGUATO. Era il 4 dicembre 2003 e tre innocenti rischiarono di morire, feriti nel corso della sparatoria. «Partimmo da Napoli io, Umberto Ponziglione, Antonio Prinno e Achille, di cui non ricordo il cognome, a bordo di due macchine: una Punto e una Ibiza. Il giorno precedente avevamo provveduto per far sì che trovassimo uno scooter Aprilia a Boscoreale. Arrivati lì, non vedevo», ha aggiunto Ciro Spirito, «l’uomo che ci era stato descritto e che dovevamo uccidere. Io avevo una “Beretta” calibro 9x21 e Antonio Prinno una calibro 9. Sparammo nel gruppo e ferimmo alcune persone (i passanti Felice Losco e Salvatore Ottaviano, ndr). Io intanto, girandomi intorno, localizzai Ciro Russo, che era distante dal gruppo e credo che neanche si fosse reso conto di essere lui il nostro obiettivo. Scesi dallo scooter e corsi nella sua direzione. Fu in quel momento che Russo capì e iniziò a scappare. Io lo inseguii fin sotto i porticati. La moglie gli fece scudo con il corpo, ma io non volevo uccidere anche lei perché non rientrava nei compiti assegnati e la spostai: in quel frangente mi partì un colpo che la ferì lievemente. Ciro Russo ricominciò a correre sotto i porticati fino a uscirne. Io da dietro sparavo finché non lo vidi accasciarsi. Lo raggiunsi e lo centrai ripetutamente alla testa mentre era a terra».
IL RETROSCENA. Il retroscena dell’omicidio sta nella situazione di quel periodo negli ambienti malavitosi dei Quartieri Spagnoli, dove il clan Russo, vicino ai Lo Russo e all’Alleanza di Secondigliano ma non in contrasto con i Misso della Sanità, e il gruppo Di Biasi-“Faiano” si contendevano il territorio. I Mazzarella erano legati a questi ultimi, ma prima di agire volevano l’assenso del boss (oggi collaboratore di giustizia) Giuseppe Missi “o’ nasone”. Per ottenerlo si svolsero alcuni summit e vittima designata divenne Ciro Russo, figlio del boss “Mimì dei cani”.
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