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07 Settembre 2020 - 12:30
NAPOLI. Da pusher “al dettaglio” a sequestratore senza scrupoli pronto a scalare le vette della mala mianese. È in questo passaggio che può essere sintetizzata la carriera criminale del 35enne Stefano Di Fraia. Arrestato tre giorni fa insieme ad altre quattordici persone, due delle quali ancora irreperibili, la presenza del capopiazza di Miano “alta” nell’elenco degli indagati per il rapimento di Stefano Pettirosso è significativa per almeno due ordini di ragioni. La sua cattura dimostra infatti il coinvolgimento del gruppo Cifrone, di cui è uno degli affiliati di punta, nella vicenda e l’esistenza di un’alleanza, oggi interrotta, con la cosca Balzano di “abbasc Miano”.
A rivelare l’inedito retroscena è oggi il pentito Luca Covelli, ex narcotrafficante le cui dichiarazioni sono ampiamente confluite nel provvedimento di custodia cautelare eseguito dai carabinieri. Il neo collaboratore di giustizia, passato dalla parte dello Stato l’anno scorso, durante il lungo interrogatorio al quale è stato sottoposto il 22 gennaio del 2019 ha descritto per filo e per segno la natura dei suoi rapporti con Di Fraia: «Distribuivo il”fumo” dei Cifrone e vari privati, sempre a un prezzo che andava dai 160 euro ai 180 euro a plancia. Questi privati erano ad esempio Marco Guerra, Ciro Milano, un tale Stefano di Miano, che saprei riconoscere in foto, i quali erano clienti di Luigi Cifrone».
Due mesi dopo l’ex uomo della mala mianese viene quindi chiamato a un’ulteriore deposizione: «Tra gli altri soggetti che ho rifornito di “fumo” nel periodo in cui lavoravo per i Cifrone, cioè fino al maggio 2018, c’era Stefano Di Fraia, che sta a Miano. Sono in grado di portarvi a casa sua, dove andavo a portagli le plance, una o due a settimana al prezzo di 170 euro». Il concetto veniva poi ampliato il successivo 21 maggio: «Conosco Stefano Di Fraia “’o scognato”. Vive con il figlio, si è separato dalla moglie che è scappata con Peppe De Felice. Questo ragazzo lavora, però vende anche il “fumo” a privato, si rifornisce da Luigi Cifrone, ero io a portarglielo a casa».
Dando per buone le affermazioni di Covelli ma ferma restando la presunzione di innocenza fino a prova contraria, ci pensa poi il gip a rincarare la dose. Il magistrato che ha emesso l’ordinanza eseguita tre giorni fa stabilisce infatti che «Di Fraia è risultato essere uno dei soggetti che ha rivestito uno dei ruoli principali nella preparazione e nell’esecuzione del sequestro ai danni di Stefano Pettirosso. È risultato essere, infatti, colui che era alla guida del “Beverly” che ha affiancato, nella fase prodromica del sequestro, la vittima che si trovava alla guida della propria autovettura, dicendogli che doveva venire con loro».
Una vicenda da brividi, che da qui al prossimo futuro potrebbe offrire spunti al momento imprevedibili. Dalla lettura delle cento pagine del provvedimento cautelare, come riportato ieri dal “Roma”, si apprende infatti che, dopo il recentissimo ridimensionamento del grippo Balzano, messo alla corde da arresti e pentimenti, proprio i cugini Luigi e Gaetano Cifrone sarebbero tornati a spadroneggiare sulle strade di Miano e dintorni. Non è dunque da escludere che gli eredi del clan Lo Russo, di cui sono ritenuti una diretta emanazione dagli inquirenti, possano presto entrare in rotta di collisione con una delle tante cosche che infestano quella zona di Napoli.
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