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15 Settembre 2020 - 12:36
NAPOLI. Macchiarsi di un delitto atroce per iniziare la scalata al vertice della camorra afragolese ed entrare, già da giovanissimo, nel grazie dell’indiscusso capoclan Luigi Moccia: «Con un gesto anche della testa mi disse che doveva essere ucciso. Questo ragazzo si chiamava omissis e lo eliminai io personalmente».
Michele Puzio, l’ultimo superpentito del “sistema” di Napoli Nord, dopo aver già contribuito a risolvere diversi omicidi eccellenti, su tutti quello del ras in gonnella Immacolata Capone, ha deciso di vuotare il sacco andando a ritroso fino al battesimo di sangue.
E puntando il dito proprio contro il numero uno della cosca.
Il 4 febbraio scorso Michele Puzio, stringendo un rosario tra le mani - come annota la Dda nella trascrizione dell’inedito interrogatorio - ribadisce la propria volontà di collaborare con la giustizia e racconta per filo e per segno il contesto e il momento storico nel quale è maturato il primo delitto che ha commesso.
Ad andarci di mezzo, stando a quanto riferito dal neo pentito, fu un giovanissimo malavitoso che stava dando fastidio al clan pretendendo denaro da alcuni commercianti già sotto estorsione: «Ho iniziato a conoscere gli esponenti del clan Moccia dal 1998-1999 e ho iniziato a fare estorsioni. Allora mi convocò Salvatore Scafuto (anch’egli oggi pentito, ndr) poiché mi vedeva come un ragazzo sveglio. Poi accadde una cosa strana, nel senso che non me l’aspettavo. Mi fece conoscere tale Vincenzo Raucci, il quale mi disse che mi avrebbe fatto incontrare Luigi Moccia. Gli risposi che per me era un piacere e un onore. Poteva essere il 2001 o il 2002».
È il momento in cui Puzio comincia ufficialmente a scalare le gerarchie della cosca. Un’ascesa che si rivelerà a dir poco fulminea: «Ero sul marciapiede - ha spiegato il pentito - quando arrivò Luigi Moccia da dietro la casa del custode. Raucci “’o minorenne” mi presentò e Moccia mi diede nell’occasione un buffetto, sorridendomi. Da quel giorno iniziai a fare estorsioni».
Il battesimo di sangue non si sarebbe però fatto attendere. L’ormai ex re del pizzo ricostruisce oggi con dovizia di particolari quel drammatico passaggio: «Dopo un po’ di tempo Luigi Moccia mi mandò a chiamare in un ufficio che commercializza caffè. Mi disse che c’era un ragazzo che stava dando fastidio a delle persone a Cardito o Carditello. Mi disse che più di una volta lo avevano avvisato, ma lui continuava a disturbare imprenditori amici di Luigi Moccia, il quale aveva iniziato a infastidirsi, dal momento che questi si lamentavano con lui».
Dall’insofferenza al piombo il passo sarebbe stato breve: «Con un gesto anche della testa mi disse che l’uomo doveva essere ucciso. Questo ragazzo, che si chiamava omissis, lo uccisi io personalmente. Dopo qualche giorno mi sono rivisto con Luigi Moccia, che si complimentò con me dicendomi che lo aveva voluto lui».
Seguono quattro pagine di verbali interamente omissate all’interno delle quali si celano, con tutta probabilità, i retroscena da cui scaturiranno le inchieste che nei prossimi mesi e anni metteranno, forse definitivamente all’angolo, gli ultimi ras di Napoli Nord.
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