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Le mani della camorra sui ristoranti di Roma: 13 arresti

Le mani della camorra sui ristoranti di Roma: 13 arresti

Le mani della camorra sui ristoranti del centro di Roma. Sono 13 gli arrestati nelle province di Roma e Napoli dai Carabinieri del Comando Provinciale di Roma, coadiuvati dai Comandi dell'Arma territorialmente competenti, che hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Roma, su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia. Otto sono finiti in carcere e cinque ai domiciliari, indagate a vario titolo per i reati di estorsione e fittizia intestazione di beni, con l'aggravante dal metodo mafioso, nonché esercizio abusivo di attività creditizia. Tra gli arrestati anche Angelo e Luigi Moccia, a capo dell'omonimo clan camorristico.

Il clan Moccia di Afragola è una storica organizzazione camorristica, protagonista di accese faide tra la fine degli anni '80 e i primi anni '90. Tuttora è operante nei comuni della provincia partenopea di Afragola, Casoria, Arzano, Caivano, Cardito, Crispano, Frattamaggiore e Frattaminore nonché, negli ultimi anni, anche sul territorio romano. Fulcro di tale associazione era Gennaro Moccia, ucciso il 31 maggio 1976 in un agguato dovuto ai contrasti tra la sua egemonia e il contrapposto clan Giugliano che, all'epoca, controllava il territorio di Afragola. In seguito la famiglia fu retta dall'indagato Angelo Moccia che, al termine della prima e della seconda guerra di camorra, dopo gravi vicende di sangue, fu destinatario di una condanna all'ergastolo per i procedimenti penali che ne scaturirono.

A seguito di questa condanna, Angelo decise di costituirsi nel 1992, nella Casa Circondariale de L'Aquila, affermando di essere intenzionato a troncare il proprio passato criminale e intraprendere la strada della cosiddetta 'dissociazione'. In questa occasione aveva dichiarato che non avrebbe accusato nessuno, ma soltanto riconosciuto le proprie responsabilità. A partire dal 2010, i nuclei familiari di Angelo Moccia e del fratello Luigi si trasferirono a Roma; dal 2016, a seguito della sua scarcerazione, Angelo Moccia si riunì ai propri familiari a Roma, domiciliando in zona Parioli.

Il provvedimento cautelare di oggi si basa sulle risultanze acquisite dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Via in Selci, nell'ambito dell'indagine sviluppata tra gennaio 2017 e ottobre 2018. Nel corso dell'indagine è stato accertato il reinvestimento di capitali illeciti nel campo della ristorazione romana da parte dello storico clan Moccia di Afragola. Sono inoltre state documentate le fasi della richiesta estorsiva e della riscossione di 300.000 euro messa a segno da esponenti di spicco dell'organizzazione nei confronti di imprenditori inseriti nel settore della ristorazione, i quali avevano ottenuto dal Tribunale di Roma - Sezione Misure Patrimoniali - la gestione di quattro locali dislocati nel centro della Capitale tra Castel Sant'Angelo, Quirinale e Piazza Navona, oggetto di un precedente sequestro di prevenzione operato per evasione fiscale nei confronti di un noto manager romano del settore, riconducibile al capoclan Angelo Moccia.

Gli investigatori hanno individuato una rete di imprenditori e faccendieri che, al fine di favorire il clan camorristico e di eludere le indagini patrimoniali, si intestavano fittiziamente società nel campo della ristorazione, beni mobili e immobili riconducibili ai componenti dell'organizzazione. Infine è stata accertata l'abusiva attività finanziaria svolta dagli esponenti apicali del clan Moccia tramite prestiti di ingenti somme di denaro contante in favore di tre imprenditori, uno dei quali figlio di un noto personaggio dello spettacolo.

Le indagini dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma, avviate nel 2017, poco tempo dopo la scarcerazione di Angelo Moccia, hanno documentato l'operatività di costui e del fratello Luigi nella commissione dei reati oggetto di misura cautelare, confermandone l'invariata condotta criminale. In particolare, da un canto è emerso come la forza intimidatrice profusa dal clan Moccia sia riuscita a far breccia nel tessuto imprenditoriale e commerciale della Capitale, riuscendo ad assoggettare onesti imprenditori, dall'altro è stato rilevato come diversi insospettabili professionisti siano entrati in ''affari'' con l'organizzazione mafiosa de quo e si siano messi a disposizione del capo indiscusso Angelo Moccia, vincolandosi a rispettare le regole e le riverenze imposte dal sodalizio.

L'imponente liquidità in possesso del clan veniva reinvestita dai Moccia, oltre che nelle attività commerciali, anche esercitando un'attività abusiva di esercizio del credito. Venivano, infatti, concessi prestiti a una serie di persone pretendendo dagli stessi interessi variabili, allo stato non ancora determinati. I risultati delle indagini hanno consentito di ricostruire e individuare parte del patrimonio del clan, del valore complessivo di circa 4 milioni di euro, consentendo al gip di emettere un decreto di sequestro preventivo, anche ai fini di confisca, dei seguenti beni, in quanto corpo, prezzo o prodotto del reato: una società con sede legale a Roma, in zona Pantheon, che all'epoca dei fatti gestiva un ristorante, fittiziamente intestata a persona compiacente; una società, con sede legale a Roma, in zona Castel Sant'Angelo, che all'epoca dei fatti gestiva un ristorante nelle vicinanze, fittiziamente intestata a persona compiacente; immobile di lusso ubicato a Roma, in via Filippo Civinini, riconducibile ad Angelo Moccia; tre autovetture riconducibili ad alcuni degli indagati.

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