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11 Ottobre 2020 - 20:18
NAPOLI. Come è cambiato l’approccio terapeutico nel corso dei mesi di emergenza Covid? A parlarne è Giuseppe Fiorentino, direttore dell’Unità operativa complessa di Fisiopatologia clinica e Riabilitazione respiratoria dell’Azienda dei Colli.
Dottor Fiorentino, finora sono stati sperimentati diversi farmaci per la cura del nuovo Coronavirus: quali hanno avuto reali efficacia?
«Attualmente si utilizza l’eparina mentre tra i farmaci specifici il Remdesivir è stato licenziato per le forme lievi-moderate ma non per quelle gravi, dove si è verificato che la sopravvivenza a venti giorni non subiva variazioni sia che fosse assunto che no. In ogni caso, al momento è unico farmaco che abbiamo ufficialmente riconosciuto per il trattamento del Covid. Le altre sono tutte terapie-corollario come il cortisone e l’antibiotico azitromicina».
Per le forme che registrano un grado di compromissione maggiore qual è il trattamento ospedaliero?
«Utilizziamo cortisone, eparina e ossigeno ad alti flussi o ventilazione meccanica non invasiva. In questo modo riusciamo a evitare quasi totalmente l’intubazione».
Si è molto parlato anche del Tocilizumab e del plasma iperimmune…
«Per quanto riguarda il primo, ci sono state indicazioni sulla sua utilità ma, al momento, non ne facciamo uso perché abbiamo notato che adottando i protocolli che prevedono l’uso delle immunoglobine per le meningiti c’è una diminuzione degli indici infiammatori. Per quanto riguarda il plasma, in letteratura medica ci sono dati contraddittori a riguardo e il protocollo è ancora in fase di perfezionamento».
Lei faceva riferimento al fatto che riuscite a evitare nella gran parte dei casi che i pazienti vengano intubati…
«Sì, perché il primo input che è arrivato dai cinesi era quello di intubare subito. Ma noi abbiamo notato che questo portava a una mortalità superiore al 90 per cento. Per questo abbiamo cominciato a trattare i malati in semintensiva associando al reparto, da noi all’Azienda dei Colli, anche l’unità riabilitativa. Siccome il Covid non esaurisce i suoi effetti prima di 20-30 giorni, abbiamo inteso iniziare il processo riabilitativo dopo il miglioramento delle condizioni del paziente. Seguiamo un centinaio di casi post-Covid e il danno polmonare grave è più o meno dell’un per cento. E anche il trattamento in posizione prona migliora la risposta al virus perché consente di “aprire” le basi polmonari».
Questo per quel che concerne l’assistenza ospedaliera. Come ci si comporta nel trattamento domiciliare?
«La Regione Campania ha recentemente licenziato delle linee guida in cui si prevedono trattamenti a seconda della gravità della malattia. Si rimane sotto sorveglianza del medico curante che monitora la patologia e in presenza di fattori di rischio verifica l’efficacia della terapia domiciliare. Se non ci sono risposte, viene chiesta l’ospedalizzazione».
Quali sono i farmaci che vengono somministrati?
«Il paracetamolo va bene per tutti e poi l’azitromicina di copertura. Inoltre, è possibile somministrare integratori vitaminici e fermenti lattici in caso di diarrea. In casi più importanti, ma non tali da portare al ricovero ospedaliero, si usa il cortisone».
Il vaccino sarà l’arma definitiva per sconfiggere il Covid?
«Potrebbe dare una grossa mano ma non sappiamo se offrirà una copertura totale. Intanto, voglio ribadire l’invito a tutti a fare la vaccinazione influenzale e, nei casi più fragili, anche quella antipneumococcica. E poi le raccomandazioni sono sempre quelle: usare la mascherina; lavarsi frequentemente le mani; curare l’igiene personale ed evitare gli assembramenti. Il virus non ha cambiato la propria aggressività. Quello che è migliorata è la capacità di intervento precoce e il trattamento della patologia. Ma la guardia deve restare alta».
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