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17 Ottobre 2020 - 12:33
NAPOLI. Nel giudizio di primo grado quei sei secondi di registrazione gli sono valsi la pena dell’ergastolo. Adesso, sempre quello stesso elemento indiziario, potrebbe aprire uno spiraglio al fine di ribaltare il verdetto. È questa la convinzione maturata dalla difesa di Luigi De Micco, indiscusso boss del clan dei “Bodo” di Ponticelli, accusato e condannato al carcere a vita nel rito abbreviato dopo essere stato inquadrato come il mandante dell’omicidio di Salvatore Solla, il capopiazza “ribelle” assassinato il 23 dicembre 2016 per non aver accettato di pagare il pizzo che la cosca aveva imposto sulla sua base di spaccio.
PROCESSO A UN BIVIO. Il colpo di scena è maturato nel corso dell’udienza celebrata ieri mattina davanti ai giudici della Prima sezione della Corte d’assise d’appello di Napoli. I difensori di Luigi De Micco, gli avvocati Leopoldo Perone e Dario Vannetiello, dopo aver richiesto la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, sono riusciti a ottenere l’acquisizione di una perizia fonica che, a loro dire, finirebbe per scagionare il ras di Napoli Est. La partita, neanche a dirlo, è dunque tutt’altro che chiusa: la Corte ha infatti, sì, accolto l’istanza ma si è anche riservata di disporre una nuova perizia. Una matassa giudiziaria tutt’altro che semplice da dipanare: la pubblica accusa è infatti convinta, alla luce delle risultanze investigative emerse all’epoca delle indagini, che la voce captata sia quella del capoclan De Micco; di tutt’altro avviso è invece la difesa del ras, pronta a dimostrare che la bassa qualità di quella registrazione non sia sufficiente ad affermare si tratti del boss al di là di ogni ragionevole dubbio.
DELITTO IN DIRETTA. A questo punto è però utile compiere un passo indietro e ripercorrere la tappe salienti dell’inchiesta che aveva portato alla cattura di De Micco e della sua paranza. L’assassinio di Salvatore Solla “’o Sadico” era salito alla ribalta della cronaca nera locale come l’“omicidio in diretta”. Erano mesi di sangue e terrore e Ponticelli era letteralmente stritolata da una lotta senza quartiere tra i De Micco e i D’Amico del Parco Conocal. Proprio grazie all’intensissima attività di intercettazione telefonica che la Squadra mobile stava portando avanti a carico di alcuni dei principali esponenti del clan dei “Bodo” riuscì a imbattersi nelle fasi preliminari e immediatamente successive all’agguato costato la vita a Salvatore Solla. Nell’imboscata rimase ferito anche Giovanni Ardu, poi rivelatosi estraneo alle tensioni tra le due cosche rivali. Tra le voci registrate - questa è stata fin qui l’ipotesi accusatoria - ci sarebbe stata proprio quella di Luigi De Micco, inquadrato come il mandante del delitto. La difesa del boss, dopo la stangata rimediata nel processo di primo grado, adesso ha però deciso di calare l’asso: una nuova perizia fonica, frutto di un delicato lavoro di controindagine, dalla quale emergerebbe l’impossibilità di attribuire con certezza assoluta l’utenza telefonica intercettata alla voce del boss di Napoli Est. L’obiettivo è quello di provare a ribaltare un pronunciamento che in primo grado si è rivelato a dir poco inclemente: per l’omicidio Solla, Luigi De Micco e Antonio De Martino hanno infatti rimediato la pena dell’ergastolo. I loro sottoposti Davide Principe e Alessio Esposito sono invece riusciti a schivare il fine pena mai, rimediando comunque trent’anni di reclusione a testa.
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