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Game over per l'ultimo boss: Marco Di Lauro si dissocia

Game over per l'ultimo boss: Marco Di Lauro si dissocia

NAPOLI. L’ultimo boss getta la spugna. Marco Di Lauro, incontrastata figura al vertice del clan più potente di Napoli, decide a sorpresa di dissociarsi dai propri trascorsi di camorrista di rango. Un taglio netto, se non clamoroso, arrivato dopo quattordici anni di latitanza, due anni trascorsi a Sassari al regime del carcere duro e una condanna all’ergastolo per l’omicidio dell’innocente Attilio Romanò. Il rampollo della camorra secondiglianese ha preso carta e penna e ha messo nero su bianco il proprio passo indietro: «Il mio rimpianto più grande è stato quello di non aver avuto la forza di fermare le persone che mi circondavano. Avrei potuto limitarne le azioni criminali e non l’ho fatto. Per questo mi sono responsabile».

IL PASSO INDIETRO. Parole forti, destinate a segnare un punto di rottura senza precedenti nella storia della cosca di cupa dell’Arco. Fino ad oggi, infatti, nessuno dei figli del capoclan Paolo Di Lauro, alias “Ciruzzo ’o milionario”, si era mai spinto a tanto. Marco “F4”, pur non intraprendendo alcun tipo di scelta collaborativa con la giustizia, ha però lanciato un primo, forte segnale: la sua strada e quella della criminalità organizzata da adesso in poi si separeranno. Il 40enne ras ha manifestato la propria decisione nel corso di uno dei processi per associazione di stampo mafioso che lo vedono alla sbarra e l’ha fatto consegnando al giudice di primo grado una lunga lettera. All’interno del documento Marco Di Lauro ha ammesso gli addebiti, spiegando di «aver subito tutta una serie di “situazioni”» dopo l’arresto del padre e del fratello. In pratica, dopo la cattura di Paolo Di Lauro e del primogenito Cosimo, “F4” si sarebbe ritrovato suo malgrado costretto a guidare il clan: «Ero giovane e incensurato. A comandare erano altri, ma tutto quello che succedeva veniva poi riferito a me. In ogni caso non ho avuto la forza necessaria a fermare queste persone. Avrei potuto limitarne le azioni criminali e non l’ho fatto. Per questo mi sento responsabile». Il boss di Secondigliano ha quindi concluso la missiva precisando che già da prima del suo arresto, avvenuto a Chiaiano il 2 marzo del 2019, si era «allontanato da quel tipo di contesto». Chiamato a confermare il contenuto di quella lettera, Marco Di Lauro ha poi ribadito in aula i concetti già espressi.

PROCESSO NEL VIVO. Al netto degli esiti scaturiti dalla volontà di Di Lauro jr di dare un taglio al proprio passato di camorrista, le condanne nel processo di primo che si sta celebrando con il rito abbreviato si profilano comunque di assoluta consistenza. Il pubblico ministero Maurizio De Marco ha infatti invocato 20 anni di reclusione per tutti i capi e promotori dell’organizzazione (compreso il ras Salvatore Di Lauro) e la pena di 18 anni di carcere per Marco Di Lauro, il cui difensore, l’avvocato Gennaro Pecoraro, ha però chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche e, soprattutto, del vincolo della continuazione con le altre condanne associative che “F4” ha già rimediato dal 2000 ad oggi. Per l’altro suo assistito, il ras Antonio Montanino, l’avvocato Pecoraro ha invece invocato il “ne bis in ibidem”.

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