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Il doppiogioco del sicario: «Balzano doveva morire»

Il doppiogioco del sicario: «Balzano doveva morire»

NAPOLI. La spaccatura tra i Cifrone e i Balzano, prima uniti contro i Nappello nel post Lo Russo, avvenne perché i primi avevano progettato di uccidere Matteo Balzano. L’omicidio era stato pianificato e un ruolo importante avrebbe dovuto averlo Luca Covelli, che però lo confidò alla vittima designata. Così il progetto di morte saltò, il clan si divise nei gruppi “Miano di sopra” e “Miano di sotto” e la giustizia acquisì un nuovo collaboratore di giustizia. Infatti, dopo che la notizia cominciò a circolare nel quartiere, Covelli non poteva far altro che chiudere aiuto allo Stato, temendo di essere ucciso sia dagli uni che dagli altri.

IL PENTIMENTO-LAMPO. È stato il collaboratore di giustizia a riferire ai pubblici ministeri dell’Antimafia il retroscena della rottura tra i Cifrone (“Miano di sopra”) e i Balzano (“Miano di sotto”), facendo capire che erano stati i primi a voler rompere l’accordo per allargarsi sul territorio. «Tramite i Cifrone - ha messo a verbale Luca Covelli detto “’o scucciato” - avevo conosciuto Matteo (Balzano, ndr) e mi piaceva come ragionavano. Per esempio, se servivano i soldi sapevano procurarseli in un modo o nell’altro. Ad aprile del 2018 sono andato personalmente da Matteo e gli ho chiesto se stavano tramando qualcosa nei miei confronti. Lui mi ha risposto di no e gli ho detto di aprire gli occhi. In pratica gli feci capire che i Cifrone erano contro di loro e che stavano organizzando l’omicidio di Matteo, “Cicchilotto” e “Fragolino” nella casarella che questi avevano a Miano in via Vittorio Emanuele III, dove le guardie fecero una perquisizione».

IL PIANO DI MORTE. «L’agguato - ha poi continuato Luca Covelli con la premessa che le persone citate devono essere ritenute estranne ai fatti narrati fino a prova contraria - dovevamo commetterlo io, Luigi Cifrone e Gaetano Cifrone. Io avrei dovuto farmi aprire la porta e loro due avrebbero sparato con una calibro 9 con il silenziatore e una 357. La pistola con il silenziatore l’ho provata io sotto la croce a Miano con Gaetano Cifrone; dopo di che siamo andati a un bar di via Vittorio Veneto dove ci aspettavano Luigi Cifrone, Mancinelli del lotto G (di Scampia, ndr), “Nanà” Tipaldi, Vincenzo Sacco e i figli Carmine Sacco “’o corvo” e Gennaro Sacco “’o pazzo”. Ho detto loro che il silenziatore non silenziava veramente; Vincenzo Sacco a quel punto ha proposto di alzare la voce e fare rumore quando sarebbe successo. Tutto questo l’ho poi riferito a Matteo per conquistare la sua fiducia».

EQUILIBRI IN BILICO. A Miano il dopo Lo Russo è stato più che turbolento. I Nappello presero le redini del clan dei “Capitoni” riunendo vecchi e giovani affiliati, tra i quali i Cifrone, Balzano e Scapellini. Questi ultimi lanciarono poi la sfida ai Nappello vincendo la guerra, ma a loro volta si divisero in due gruppi dando il via a un’altra stagione di tensione con omicidi, ferimenti e sparatorie. Ultimo episodio, appena l’1 ottobre scorso, quando è stato ucciso Alessandro Riso, vicino al clan di “Miano di sopra”. Ora la malavita sembra azzerata ma gli investigatori più esperti non si illudono: il turnover nelle cosche sarebbe già cominciato con le nuova leve già pronte a scendere in campo.

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