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Tifoso morto, il gup: Manduca non voleva uccidere ma fuggire

Tifoso morto, il gup: Manduca non voleva uccidere ma fuggire

Un comportamento «negligente» ma nessuna volontà di uccidere. È questa la conclusione a cui giunge il giudice di Milano Carlo Ottone De Marchi nelle motivazioni con cui ha condannato a 4 anni per omicidio stradale Fabio Manduca, il tifoso napoletano a processo per aver travolto e ucciso con la propria auto l'ultrà Davide Belardinelli. La sera del 26 dicembre 2018, prima della partita Inter-Napoli, la condotta dell'imputato, in un contesto di «guerriglia urbana», è connotata «da colpa con previsione e non da dolo». 

Il comportamento di Manduca, per quanto «imprudente», si è esaurito «in un brevissimo lasso temporale tanto da potersi accreditare come un comportamento repentino ed impulsivo, segno di una grave disattenzione», che ha come obiettivo «quello di abbandonare al più presto la situazione di guerriglia venuta a crearsi con l'invasione della carreggiata da parte dei tifosi». Un contesto che «non è stato da lui volontariamente causato», ma dall'agguato sulla strada da parte dei tifosi interisti, in tal senso «non è possibile ritenere, con giudizio di assoluta probabilità, che il Manduca non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita anche se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell'evento». 

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