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19 Gennaio 2021 - 18:43
NAPOLI. C’è una parte di centrodestra che non ha intenzione di attendere troppo le decisioni di Catello Maresca, che non ha ancora sciolto la riserva sulla sua candidatura alle prossime Comunali, seppur si muova sempre di più per creare la sua coalizione civica. C’è una parte di centrodestra che non vede di buon occhio i dubbi manifestati dal magistrato nel presentare, accanto alla sua candidatura, i simboli di partito del centrodestra e in particolare quelli di Lega e Fratelli d’Italia. C’è una parte di centrodestra, infine, che vorrebbe una candidatura più identitaria e più saldamente legata ai valori di un’area politica che manca dal Governo della città dall’era Achille Lauro. È quella parte di centrodestra che guarda con sempre maggior interesse alla candidatura a sindaco dell’avvocato penalista Sergio Rastrelli, figlio dell’ex governatore Antonio. Già da tempo Fratelli d’Italia aveva lanciato la sua candidatura, ma alcuni giorni fa è arrivata una “benedizione” da parte di Giorgia Meloni dopo un incontro romano: «Un uomo per le Istituzioni, al fianco delle forze dell’ordine e impegnato in battaglie per la legalità. Con coerenza da sempre vicino alla nostra comunità. Con Sergio Rastrelli, al lavoro per Napoli», le parole della leader di Fdi su Twitter.
Avvocato, quel tweet significa che lei è pronto alla candidatura?
«Le parole di Giorgia Meloni, oltre che onorare la mia persona, costituiscono un importante segnale di attenzione che la leader di Fratelli d’Italia ha voluto dare alla città. Il fatto che una leader nazionale, in piena crisi di Governo, si occupi del futuro della città è un qualcosa di molto importante. Per quanto mi riguarda, sono un uomo che ispira la sua condotta alla sobrietà. Sono onorato delle parole che mi ha riservato, ma non la ritengo un’investitura, parola che sa di medioevo. Meloni mi ha chiesto una disponibilità per essere candidato del centrodestra a Napoli e io ho rinnovato la mia risposta: “Sono pronto”. Questo non significa che alla fine sarò io il candidato. Il mio nome sarà tra quelli in lista al tavolo nazionale del centrodestra che sceglierà il profilo più giusto. Sono già onorato che il mio nome sia tra quelli presi in considerazione per diventare sindaco».
Con gli altri alleati della coalizione, Lega e Forza Italia, ci sono stati già contatti?
«Sulle grandi città ritengo che sia corretto che la valutazione venga fatta proprio dal tavolo nazionale composto da Meloni, Salvini e Berlusconi. Questo non significa spogliare il territorio dalla possibilità di scelta, ma anzi credo che sia un segnale di garanzia per la città. Non ho il problema di confrontarmi con altri possibili candidati, ma non credo debba farlo né io nè il partito a livello territoriale. È corretto che le strategie sulle grandi città vengano decise a livello nazionale».
C’è il rischio, secondo lei, che la coalizione non si presenti compatta alle elezioni?
«Assolutamente no. Nell’incontro avuto con la Meloni ho ritrovato in lei il mio stesso desiderio: non solo quello di essere uniti, ma anche quello di proiettarsi oltre lo schema nazionale del centrodestra. La coesione della coalizione, però, resta per me un dato irrinunciabile».
Gli altri nomi sono quelli di Catello Maresca e Riccardo Monti. Cosa pensa dei loro profili?
«Sono nomi eccellenti, ma questo non può stupirmi. Per avere la presunzione di governare la città bisogna mettere in campo nomi illustri e quelli che circolano potrebbero rappresentare dei valori aggiunti per il centrodestra. Noi tre abbiamo dei tratti comuni: nessuno di noi è un politico di professione. Ci sono, però, anche molte differenze. Il mio è un profilo più identitario per il centrodestra, Monti ha un profilo più manageriale e tecnico, mentre Maresca ha una profilo che guarda anche oltre il centrodestra. Si tratta di capire se le disponibilità vengono confermate e soprattutto se si raggiunge un accordo nella coalizione. Ritengo, però, importante che il candidato designato rappresenti una candidatura che sia davvero espressione del centrodestra».
La coalizione arriva da un flop alle elezioni Regionali. Quali, secondo lei, gli errori commessi e da dove si deve ripartire.
«Le elezioni regionali sono state drogate dall’effetto Covid, per questo ritengo quel risultato irrilevante ai fini di una valutazione. Inoltre Napoli arriva da una condizione particolare: sono 40 anni che la città è governata dalla sinistra, a vario titolo. L’unica parte politica che ha davvero titolo a parlare di svolta per la città è chi non ha partecipato a questo scempio, cioè il centrodestra. In questo senso avverto un sentimento molto vivo di riscossa da parte dei napoletani. Il compito del centrodestra è parlare al cuore della città e far sì che, come diceva Sant’Agostino, lo sdegno diventi coraggio».
Quali sono, secondo lei, i problemi maggiori lasciati in eredità dall’amministrazione de Magistris?
«Il primo problema strutturale è il dramma del disavanzo finanziario che ha portato a triplicare le sofferenze amministrative del Comune. La città è allo sbando. Non c’è più rapporto con le altre istituzioni e Napoli è sempre più isolata e abbandonata a se stessa, con una preoccupante rottura della coesione sociale. La capitale del Sud è stata relegata, a causa del malgoverno, a periferia dell’impero».
Quali, invece, i punti principali per il rilancio della città.
«Bisogna restituire Napoli alla sua vocazione strutturale: la sua proiezione nel Mediterraneo, così da dare alla città la centralità che merita. Per questo bisogna, prima di tutto, rilanciarne la portualità. E poi sono tante le direttrici da sviluppare: da quella di Napoli Est che può aiutarci nell’innovazione digitale a quella di Napoli Ovest dove bisogna finalmente restituire Bagnoli ai napoletani. Infine a Nord bisogna aprire la city alla Città Metropolitana, rendendo finalmente vivo il disegno costituzionale».
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