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28 Gennaio 2021 - 14:48
Sei anni di reclusione per Giorgio Angarano, 73 anni, legale rappresentante della Vulcano Solfatara srl, nell'ambito del processo sulla cosiddetta “strage della Solfatara" di Pozzuoli, dove persero la vita, il 12 settembre 2017 i coniugi veneziani di Meolo Massimiliano Carrer e Tiziana Zaramella e il loro figlioletto Lorenzo. È quanto ha stabilito il Tribunale di Napoli. Il giudice ha anche inflitto una multa da 172 mila euro alla società e la confisca dell'area.
Assolti gli altri soci: Maria Angarano, 75 anni di Pozzuoli, Maria Di Salvo, 70 anni, di Pozzuoli, l'omonima Maria Di Salvo, 41 anni, di Napoli, Annarita Letizia, 71 anni, di Pozzuoli, e Francesco Di Salvo, 45 anni, di Napoli. In aula presente, tra gli altri, il legale dei familiari delle vittime e rappresentante dello Studio3A, Vincenzo Cortellessa, del Foro di Santa Maria Capua Vetere.
Agli imputati erano contestati a vario titolo i reati di omicidio colposo in concorso, con l'aggravante della violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e dei danni a più persone, e il disastro colposo, sempre in concorso.
«A parte la posizione degli altri soci - commenta l’avvocato Cortellessa, che parla di sentenza equilibrata ma anche significativa - per tutto il resto sono state integralmente accolte le richieste della Procura: sei anni per l’amministratore della società non sono una condanna lieve, quando la pena diventerà definitiva dovrà scontarli in carcere. È stata ritenuta colpevole anche la società stessa che ha ricevuto una pesante sanzione pecuniaria, ma la vera “punizione” è la confisca dell’area che le fa perdere una rilevante fonte di introito, considerato il quasi milione di turisti all’anno che faceva registrare il sito».
«Qualsiasi condanna sarebbe stata inadeguata per un fatto così terribile per la nostra famiglia e soprattutto per Alessio, a cui è stata tolta tutta la sua famiglia: nulla potrà mai restituirci mio fratello Massimiliano, Tiziana e Lorenzo e nulla potrà mai ripagarci della loro perdita - commenta a sua volta Elisabetta Carrer - Oggi mio nipote ha undici anni, crescendo comincia a prendere coscienza di ciò che è successo ai genitori e al fratello maggiore e inizia a chiedersi perché delle persone possano aver permesso che accadesse una tragedia del genere».
«Premesso questo, però - prosegue Elisabetta - comprendiamo che c’è anche la giustizia dei tribunali e dunque prendiamo atto di questa sentenza che ci lascia non poco amaro in bocca per l’assoluzione degli alti soci della società, che a nostro avviso sono parimenti responsabili, ma che quanto meno mette la parola fine ad una lunga vicenda giudiziaria, ogni capitolo della quale, per noi, e per Alessio, comportava la riapertura di ferite che peraltro non si rimargineranno mai».
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