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02 Febbraio 2021 - 19:37
NAPOLI. «Per Napoli è l’ultima occasione. Servono sviluppo, investimenti e occupazione e per ottenere tutto ciò c’è bisogno di competenze e capacità di progettare. Solo così si può superare l’immobilismo che da 20 anni ha condannato tantissimi giovani ad andare via». È la ricetta di Riccardo Maria Monti, uno dei nomi che circola con sempre maggior insistenza come possibile candidato sindaco alle prossime amministrative. 53 anni, manager e imprenditore, presidente di Triboo spa e dell’interporto Sud Europa, già numero uno di Italferr e di Grandi Stazioni. Monti ha avviato da tempo il suo impegno per la città in vista delle Comunali. Tanti tavoli, tante idee, tanti incontri soprattutto con associazioni e comitati cittadini. Il suo nome viene caldeggiato come possibile scelta del centrodestra, ma non dispiace nemmeno ad alcuni ambienti nel centrosinistra. Eppure, per ora, il profilo che ha scelto Monti pare assai più “civico” e meno legato al mondo dei partiti, seppur disposto al dialogo con tutti.
Le elezioni amministrative si avvicinano e il suo nome piace a molti. È pronto a candidarsi?
«Io sono pronto ad impegnarmi per Napoli da cittadino e da manager. Il totonomi per le candidature non mi appassiona. Sono molto più interessato al dibattito sulla città, ai suoi problemi e soprattutto ai progetti da poter mettere in campo per far uscire Napoli dall’immobilismo. Questo è ciò che mi interessa».
Anche se non la appassiona, il totonomi esiste e nel centrodestra si parla molto di lei. Ma sembra di capire che lei punti di più al civismo. È giusto?
«Ammantare di ideologia anche le prossime elezioni amministrative sarebbe un grave errore. I disservizi che vivono quotidianamente i napoletani non sono né di destra né di sinistra. Per ripartire, la città ha bisogno dell’entusiasmo della galassia civica. Sono lì le energie migliori della città».
Questo significa veto ai simboli di partito?
«Non sono nelle condizioni di porre veti, ma soprattutto non è nel mio stile. Posso, però, far notare che negli ultimi vent’anni c’è stata troppa disattenzione da parte dei partiti rispetto alla città. Inoltre sono contrariato dal fatto che le sorti di Napoli troppo spesso siano state decise su altri tavoli. I napoletani devono riprendersi in mano il loro destino».
Oltre al suo, i nomi più “chiacchierati” nel centrodestra sono quelli di Catello Maresca e Sergio Rastrelli (proposto ufficialmente da Fdi, ndr). Cosa pensa dei loro profili?
«Sono persone che conosco poco, ma hanno esperienze professionali di grande successo e hanno dimostrato capacità. L’aspetto positivo è che tanta gente di valore si sta mettendo in gioco per la città. Mi auguro che chiunque arrivi fino in fondo nella corsa alla candidatura e poi a Palazzo San Giacomo abbia chiaro che serve una squadra allargata e non un uomo solo al comando».
È un po’ quello che è accaduto con de Magistris. Che giudizio dà dei suoi dieci anni dell’amministrazione?
«L’amministrazione de Magistris ha delle responsabilità oggettive molto gravi rispetto alla decadenza della città. Napoli negli ultimi anni è stata letteralmente abbandonata a se stessa. Ieri sono rimasto bloccato per molte ore sotto casa perchè c’era un auto che intralciava il passaggio e non è disponibile il servizio rimozione. Ma questo è solo un esempio. Per avere una carta d’identità servono sei mesi, i documenti per le pratiche edilizie sono impossibili da recuperare perchè l’archivio è pericolante. Sono tante immagini che compongono un quadro desolante. Un disastro che non ha precedenti in una città europea. I cittadini dovrebbero alzare le barricate, invece prevale la rassegnazione».
Come si cura questa rassegnazione?
«Infondendo la speranza che attraverso progetti, impegno e competenze si possa finalmente superare l’immobilismo che da vent’anni vive la città. Ma soprattutto recuperando l’orgoglio di essere cittadini di una delle capitali d’Europa».
Quale l’aspetto più negativo e quale, invece, una nota positiva trova nell’esperienza arancione?
«La pedonalizzazione del lungomare è stato un fatto positivo, insieme con il boom turistico che è però un fenomeno legato anche a fattori di livello mondiale. Il dato più negativo è la mancanza di cura generale della città ma soprattutto il fatto che il cittadino non sia mai stato messo al centro della macchina amministrativa. C’è bisogno di trasparenza e digitalizzazione. Nel 2020 i cittadini dovrebbero avere accesso agli atti comodamente da casa e in poco tempo, invece siamo anni luce lontani da questo livello».
Quali le priorità per la città da cui la nuova amministrazione, secondo lei, dovrebbe ripartire?
«I grandi pilastri urbanistici che vanno da Est ad Ovest passando per il centro. Il processo di rigenerazione urbana dell’area orientale è fondamentale. Bisogna aprire ai grandi proprietari dell’area, incentivare investimenti e mettere a sistema la straordinaria logistica che ha Napoli Est. Per l’area occidentale, invece, è necessario ripartire da Bagnoli. Bisogna finalmente completare la bonifica e partire con la costruzione della parte turistico-alberghiera e quella residenziale. Sono progetti che altrove sarebbero finiti in pochi anni, invece siamo da più di vent’anni a ricorrere gli stessi problemi. Infine al centro storico abbiamo perso il 90% dei fondi Unesco, un grandissimo peccato cui occorre riparare».
Per realizzare progetti servono fondi e per far questo è necessario risanare i conti di Palazzo San Giacomo. È necessario l’intervento dello Stato con una legge speciale per ripartire?
«Assolutamente sì, ma non si può sempre far affidamento sui fondi nazionali. Una parte di questo clamoroso buco di bilancio è causato da cattiva amministrazione. Abbiamo oltre 60mila immobili che non mettiamo a profitto. Una gestione intelligente di questo patrimonio potrebbe portare a ricavi importantissimi. Inoltre la percentuale di riscossione è ai minimi storici. Con queste performance non si è credibili nel chiedere soldi. Bisogna ripartire innanzitutto da una amministrazione migliore dei conti pubblici».
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