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Raffaele Cutolo e i suoi segreti, dall'evasione a Moro

Raffaele Cutolo e i suoi segreti, dall'evasione a Moro

La vita di Raffaele Cutolo è costellata di omicidi. Il 24 settembre 1963 uccide un ragazzo di Ottaviano, Mario Viscito che aveva apprezzamenti sulla sorella Rosetta. Si rese latitante ma si costituì dopo due giorni presso una caserma dei Carabinieri. Verrà poi condannato all'ergastolo, pena ridotta in appello a 24 anni di reclusione, che comincia a scontare presso il carcere di Poggioreale, dove sfida a duello Antonio Spavone, altro boss della camorra, durante l'ora d'aria in uno scontro con la "molletta".

Ma questi non si presentò e Cutolo guadagnó prestigio diventando popolare tra i detenuti che, sempre più numerosi, chiedono la sua protezione. Nel 1970, viene scarcerato per decorrenza dei termini. Rimase in attesa di giudizio, ma quando la Corte Suprema di Cassazione confermò la condanna, si dette alla latitanza fino al 25 marzo 1971, quando venne nuovamente arrestato e condotto nel carcere di Poggioreale.

Tra i suoi affiliati i detenuti Raffaele Catapano, Pasquale D'Amico, Giuseppe Puca e Michele Iafulli. L'organizzazione Nuova Camorra Organizzata si ispira alla Bella Società Riformata: il suo progetto criminale è ispirato ad un'ideologia pseudo-ribellista di impronta meridionalistica, che però attinge in parte alla propaganda delle organizzazioni terroristiche.

In carcere Cutolo crea le basi per una organizzazione criminale cui saranno affiliati, in primo luogo, i detenuti di cui Cutolo conosce le esigenze, i bisogni e le aspettative. Un ruolo particolare spetta a Alfonso Rosanova, imprenditore e mente economica della NCO, e a Rosetta Cutolo. Ma soprattutto, Cutolo conta su un esercito di giovani - la cosiddetta manovalanza cutoliana - reclutati tra le file del sottoproletariato. L'affiliazione prevede l'adesione totale alla volontà del capo. Questa è simbolicamente rappresentata da un rituale di iniziazione per il quale i nuovi adepti giurano fedeltà ripetendo un testo ispirato ai cerimoniali di stampo massonico.

La grande fuga

Cutolo rimane a Poggioreale sino al maggio del 1977 quando la sentenza della Corte d'Appello riconosce al boss l'infermità mentale, disponendone il ricovero in un istituto psichiatrico per un periodo non inferiore a 5 anni; viene messo in osservazione presso il monastero di Sant'Eframo Nuovo a Napoli per poi trasferirsi nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa.

Cutolo evase dall'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa il 5 febbraio 1978 in modo violento, grazie all'aiuto di Giuseppe Puca: una carica di nitroglicerina piazzata all'esterno dell'edificio squarciò le mura permettendo la fuga del boss. Nel corso della latitanza avvia rapporti con la malavita pugliese, con la 'ndrangheta, con le bande lombarde di Renato Vallanzasca e con Francis Turatello per il commercio della cocaina. Con il falso nome di Prisco Califano, Cutolo gira l'Italia, si reca ad Ottaviano dal sindaco Salvatore La Marca.

In poco tempo, la NCO penetra tutti i settori dell'economia campana e, anche grazie alla connivenza e l'assenso dei politici locali, riesce ad usufruire dei fondi della CEE destinati ai produttori di conserve.

Appena evaso, organizza un incontro con Nicolino Selis e l’emergente Banda della Magliana allo scopo di trovare, tra i rispettivi gruppi, una strategia compatibile con gli obiettivi di entrambe le organizzazioni, nominando così “il Sardo” suo luogotenente nella piazza romana.

All'incontro, che avviene in un albergo di Fiuggi dove, secondo la deposizione del pentito Maurizio Abbatino, Cutolo dispone di un intero piano per sé e per i propri guardaspalle, partecipano anche Franco Giuseppucci, Marcello Colafigli e lo stesso Maurizio Abbatino, e questo segna un momento decisivo nella storia della Banda che, tra le sue varie attività, ha modo di attivare un canale preferenziale con i camorristi per la fornitura delle sostanze stupefacenti da distribuire poi nella capitale.

Il caso Moro

A marzo i servizi segreti italiani intavolano una trattativa con Vincenzo Casillo per giungere ad un accordo con Cutolo quale intermediario per giungere ad una soluzione sulla liberazione di Aldo Moro. Il boss attiva Nicolino Selis e di conseguenza la Banda della Magliana per trovare il covo che si scoprirà essere nella zona dove abitano diversi membri del gruppo.

Maurizio Abbatino e Renzo Danesi racconteranno di un incontro avvenuto lungo il Tevere tra il boss della Magliana Giuseppucci e l'onorevole Flaminio Piccoli, mandato appunto da Cutolo. Tuttavia, neanche l'intervento della Banda sarà risolutivo, dato che il presidente della Democrazia Cristiana verrà ucciso dalle Brigate Rosse.

Nel corso degli anni, Cutolo acquisisce grande popolarità ed importanza, presentando la sua nuova organizzazione come mossa da scopi di riscatto e della difesa dei più deboli.

All'inizio del 1981 Cutolo ottiene il trasferimento nel carcere di Marino del Tronto ad Ascoli Piceno, il 27 aprile di quell'anno, l'assessore democristiano Ciro Cirillo – responsabile amministrativo della ricostruzione postsismica – viene rapito dalla "colonna napoletana" delle Brigate Rosse, nell'occasione diretta da Giovanni Senzani. In quel periodo, il boss incontra alcuni esponenti della DC e rappresentanti dei servizi segreti italiani che chiedono la sua collaborazione; in particolare, le richieste sarebbero pervenute da Giuliano Granata (all'epoca sindaco di Giugliano in Campania), Silvio Gava, Francesco Pazienza, Flaminio Piccoli, Francesco Patriarca, Vincenzo Scotti ed Antonio Gava.

Testimoni degli incontri ad Ascoli Piceno, il direttore e il cappellano del carcere, il luogotenente di Cutolo Vincenzo Casillo e Alfonso Rosanova.
Attraverso le informazioni dei brigatisti Luigi Bosso e Sante Notarnicola, Cutolo riesce a conoscere i nomi dei carcerieri di Cirillo: Pasquale Aprea e Rosaria Perna, guidati da Senzani. Cutolo riesce a stabilire una cifra per la liberazione dell'assessore napoletano che avviene il 24 luglio 1981.

Tutto si risolve in un reciproco scambio di favori tra uomini della DC, servizi segreti, NCO e Brigate Rosse. Tra i favori delle BR a Cutolo, è possibile annoverare l'omicidio del vicequestore Antonio Ammaturo, avvenuto il 15 luglio 1982. In seguito il fondatore della NCO avanzò alcune richieste che non saranno mai accolte, come la seminfermità mentale e alcuni trattamenti di favore per sé e per gli affiliati dell'organizzazione.

Nel 1982, il Presidente della Repubblica Sandro Pertini chiede ed ottiene il trasferimento di Cutolo dal carcere di Ascoli Piceno ad un penitenziario di massima sicurezza, presso il carcere dell'Asinara, che fu riaperto esclusivamente per lui e dove trascorrerà un paio di anni come unico carcerato, determinando un duro colpo all'influenza del boss. Qui sarà completamente isolato; gli affiliati cominciano a dissociarsi o a pentirsi: in particolare le rivelazioni di Giovanni Pandico e Pasquale Barra (cui si aggiunsero quelle di tanti altri pentiti) consentirono il maxi-blitz del 17 giugno 1983.

Grazie alle testimonianze dei membri della NCO, vengono inoltre scoperti i mandanti di alcuni omicidi eccellenti come quello eseguito ai danni del vicedirettore del carcere di Poggioreale Giuseppe Salvia colpevole di aver disposto la perquisizione di Cutolo come da regolamento carcerario.

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