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25 Febbraio 2021 - 01:23
Mazzette e veleni: coinvolti dirigenti, politici, imprenditori e uomini in divisa
NAPOLI. Fanghi non trattati immessi in mare attraverso il depuratore di Napoli Est, ma anche evasione dell’Iva sul commercio di idrocarburi. Il tutto sotto l’ombra minacciosa dei clan Mazzarella e Cimmino, oltre che con la presunta complicità di uomini in divisa che avrebbero fornito informazioni investigative ad alcuni imprenditori in odore di mala.
È questo, in sintesi, il ritrattato della mala 2.0 che emerge dall’inchiesta che ieri mattina ha portato all’esecuzione di diciassette arresti - tre in carcere, i restanti ai domiciliari - e all’iscrizione di ventotto persone nel registro degli indagati.
Sotto la lente di ingrandimento della Procura partenopea sono finiti in particolare la partecipata regionale Sma Campania e il commissariato di polizia di Ponticelli: ritrovatisi, loro malgrado, a essere l’epicentro di un vero terremoto giudiziario.
L’indagine ha preso piede dalla gestione criminale dello smaltimento dei fanghi non trattati, motivo per il quale c’è anche la contestazione di disastro ambientale nei confronti di alcuni degli indagati arrestati ieri da polizia e guardia di finanza. Nel mirino la Sma, la società della Regione che si occupa di rifiuti e depurazione. Sono emersi numerosi episodi di corruzione, anche di appartenenti alle forze dell’ordine, oltre a gare d’appalto pilotate.
La Procura aveva chiesto l’arresto dell’ex consigliere regionale Luciano Passariello ed ex presidente della commissione d’inchiesta sulle società partecipate, richiesta tuttavia non accolta dal gip. Tra i coinvolti nell’indagine ci sono Lorenzo Di Domenico, direttore generale pro tempore della Sma, arrestato e ora ai domiciliari, indagati per avere accettato la promessa di una tangente del 7 per cento dell’importo. Tra gli arrestati, ai domiciliari, figura un ispettore di polizia del commissariato di Ponticelli, Vittorio Porcini. Arresti in casa pure per Errico Foglia, direttore dell’impianto di depurazione di Acerra, l’ingegnere Giacomo Perna, responsabile della manutenzione
Sma; il dirigente della Regione Campania Lucio Varriale e Agostino Chiatto. Negli atti dell’inchiesta figurano anche alcuni volti noti della camorra napoletana, come i ras del clan Mazzarella, Salvatore Fido e Maurizio Donadeo, e Andrea Basile dei Cimmino-Caiazzo. Sequestrato infine un imponente quantitativo di denaro contante suddiviso in pacchetti,
trovato nell’abitazione dell’imprenditore Salvatore Abbate, uno dei perni dell’indagine. Stando alla ricostruzione dei pm e ferma restando la presunzione di innocenza fino a prova contraria, Varriale, Chiatto e Passariello si sarebbero fatti promettere dagli imprenditori Abramo Maione, Vincenzo Riccio, Antonio Cristofaro e Giovanni Caruson utilità in denaro calcolate in percentuale sulla scorta dei guadagni ottenuti da questi ultimi dopo l’affidamento del servizio di smaltimento dei fanghi.
Una “corsia preferenziale” che, sempre secondo l’ipotesi della Procura, è stata quantificata in 30mila euro in favore di Varriale e 20mila euro per Chiatto, con l’ulteriore pattuizione di destinare 5mila euro a Basile. I fatti sarebbero avvenuti nella primavera del 2018 ed è proprio in quell’arco temporale che avvengono le prime intercettazioni: «No, Errico - diceva uno dei funzionari - sai qual è la cosa brutta ? Che da febbraio a oggi sono stati buttati i fanghi a mare». A parlare erano i dirigenti Luigi Riccardi e Errico Foglia.
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