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11 Marzo 2021 - 07:00
NAPOLI. Somma urgenza. Sono queste le due parole chiave dietro le quali si cela il vortice di tangenti e favoritismi che dal 2016 ad oggi ha avvelenato il funzionamento della Sma Campania, la società in house della Regione specializzata in risanamento ambientale.
Ed è proprio grazie alla speciale procedura prevista dal Codice degli appalti che Salvatore Abbate, imprenditore in odore di camorra e amministratore della Sabba Srl, sarebbe riuscito a mettere le mani sull’affare dello smaltimento dei fanghi. Il tutto grazie ad almeno due funzionari infedeli: vale a dire Giacomo Perna, responsabile Manutenzione della Sma, e Luigi Riccardi, direttore dell’impianto di depurazione di Napoli Est. L’ingegnere Perna, come rivelato ieri dal “Roma”, adesso ha però deciso di vuotare il sacco mettendo all’angolo manager e colletti bianchi.
Ecco dunque le inedite rivelazioni fornite dall’indagato, attualmente ristretto ai domiciliari, in sede di interrogatorio di garanzia: «Con le cosiddette “somma urgenza”, di qualsiasi tipo, il mio compito era quello di stabilire insieme... Si redigeva un verbale nel quale si indicavano le condizioni della somma urgenza e nella maggior parte dei casi c’erano le condizioni dell’urgenza. Faccio un esempio, se noi abbiamo su una stazione di sollevamento quattro coclee deputate a sollevare le acque e se ne rompono due e una è in manutenzione, io devo intervenire in somma urgenza».
Stabilita la cornice operativa, Perna entra dunque nel merito dell’accordo illecito:
«Redigo il verbale e individuo la ditta esecutrice. Riccardi mi indicava cosa scrivere nel verbale. Siccome lui era il gestore operativo dell’impianto, stabiliva, anche dal punto di vista contingenziale qual era la soluzione più rapida. Siccome la ditta Sabba è presente “mettimi la ditta Sabba perché sta presente sull’impianto».
Una volta incaricata, la società diretta dall’imprenditore vicino al clan De Micco di Ponticelli poteva entrare in “azione”: «La Sabba approfittava nell’esecuzione dei lavori. In una situazione fu smontato un sopporto, per rapidità andava sostituito un cuscinetto, siccome a mio avviso il cuscinetto era contabilizzato, siccome poteva non essere sostituito e io lo avevo contabilizzato l’ho riconosciuto in dazione. Poi a giugno 2019 si citano 3.500 euro sui lavori straordinari che avevo affidato alla Sabba ed erano quelli dei lavori che abbiamo indicato».
Quando Perna ottiene l’incarico di Rup Abbate decide però di aumentare le pretese, che del resto, come spiegato dall’indagato reo confesso, nel frattempo erano diventate proporzionali anche a un incremento della mazzetta affidata al dirigente Sma, la quale in almeno tre occasioni sarebbe lievitata a 3mila euro mensili:
«Ho cercato - ha spiegato Perna al gip e al pm - di uscire più volte da questa situazione cercando di coinvolgere altri imprenditori a partecipare alle gare, ma mi è stato imputato questo coinvolgimento.
Addirittura, come ho letto dagli atti, si era addirittura programmata una spedizione punitiva nei miei confronti perché io cercavo di scardinare questo meccanismo». Ma la macchina delle tangenti si era ormai messa in moto da troppo tempo. A fermarla ci ha poi pensato il blitz di poche settimane fa.
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