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La “rivincita” a Secondigliano dei clan Liccardi e Di Lauro

La “rivincita” a Secondigliano dei clan Liccardi e Di Lauro

Le due cosche storiche hanno riconquistato il controllo di gran parte del territorio. Punto di forza l’archiviazione per la boss in gonnella, Maria, per la Dia la vera reggente

NAPOLI. Senza spargimento di sangue, in un apparente silenzio che fa pensare quantomeno a una tregua duratura, i due clan storici di Secondigliano hanno riconquistato il controllo su gran parte del territorio a scapito della Vanella Grassi e degli AmatoPagano. Parola della Dia, la Direzione investigativa antimafia, che nell’ultima relazione semestrale indica nei Licciardi e nei Di Lauro di nuovo le cosche più forti.

Per i primi, un’importante novità è stata l’annullamento della misura cautelare e la successiva archiviazione di Maria Licciardi (nella foto a sinistra), la boss in gonna soprannominata “’a piccolina”: indagata nell’inchiesta anticamorra che ha inflitto un duro colpo all’Alleanza di Secondigliano, è rimasta in libertà grazie alla strategia del suo difensore, l’avvocato Dario Vannetiello (nella foto a destra), oggi solo cassazionista.

Un miracolo giudiziario se si pensa che i segugi con base in via Galileo Ferraris mettono nero su bianco che è lei a capo dell’organizzazione. «Il ruolo apicale nel sodalizio è ricoperto dalla sorella del defunto fondatore del clan. Ella, di recente, è stata affiancata dal figlio 27enne di uno dei suoi fratelli, scarcerato nel maggio 2020», scrivono.

La singolarità della vicenda della Licciardi è la seguente: ritenuta dalla Direzione distrettuale un capo della mega associazione denominata Alleanza di Secondigliano, tratta in arresto per essere ritenuta un vero capo, alla fine non affronta neppure il processo perché la sua posizione viene archiviata, condividendo l’accusa quanto sostenuto dalla difesa, cioè che a carico della Licciardi non vi erano proprio indizi meritevoli di approfondimento. Mai prima di ora si era assistito ad un tale epilogo giudiziario così favorevole nei confronti di un boss.

Il clan Licciardi, la cui base è sempre la Masseria Cardone nonostante l’influenza su tutto il quartiere Secondigliano, secondo gli investigatori della Dia «continua a detenere un ruolo fondamentale e baricentrico per gli equilibri criminali dell’area nord di Napoli. Il clan svolge un ruolo importante anche in altre aree cittadine come Santa Lucia, Chiaia, Posillipo, Vomero e Bagnoli tramite altri gruppi criminali quale riferimento per il controllo della filiera della contraffazione e di ampi segmenti produttivi”.

A Posillipo sostiene i Calone mentre tra Marianella e Piscinola fornisce assistenza e supporto agli Stabile di Chiaiano. Il clan Licciardi inoltre, come hanno evidenziato, nel tempo, importanti inchieste della Dda partenopea, è ritenuto” il promotore della rete dei magliari, composta da soggetti che agiscono nel ricco mercato della contraffazione in larga scala di marchi e di prodotti di vario tipo, diffusa non solo in Europa, ma anche nel continente americano”.

Sul fronte Di Lauro, con quartier generale tra il rione popolare “Terzo Mondo” e la zona di “mezzo all’Arco” (tra cupa Vicinale dell’Arco, piazza Zanardelli e via del Camposanto), il gruppo malavitoso pur essendo mutato per caratteristiche e affari privilegiati, secondo la Direzione investigativa antimafia è tuttora “operativo con pieno controllo del territorio spesso intervenendo attraverso gruppi satellite o alleati o dedicandosi al reimpiego del patrimonio accumulato nel corso degli anni, diversificando i settori di interesse”.

Ne è riprova quanto emerso nell’ambito dell’operazione “Blonde Arabs”, conclusa il 14 febbraio 2020 dalla Guardia di Finanza di Napoli, nei confronti di un’organizzazione riconducibile ai Di Lauro dedita al contrabbando internazionale di tabacchi lavorati esteri provenienti dagli Emirati Arabi Uniti.

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