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03 Aprile 2021 - 19:15
Un "grazie" con i colori e i sapori della tradizione della città delle acque ai medici e agli infermieri del Reparto Covid al quarto piano dell'Edificio 12
CASTELLAMMARE DI STABIA. Trascorrere 15 giorni attaccati alla mascherina dell'ossigeno, affidati alla professionalità e alla gentilezza degli operatori sanitari che comunicano solo con gli occhi e con i loro delicati gesti che sono fondamentali per la cura e la guarigione, è un'esperienza che lascia il segno. Segna nell'animo che si carica di gratitudine per quella dolcezza, per l'impegno - talvolta disperato per riuscire a strappare vite al Coronavirus. Impegno e tenacia che si percepisce dietro alle loro tute bianche, alle mascherine, ai caschi e alle visiere. Tre paia di guanti e copri-scarpe, sono come astronauti costretti a non cedere alla fatica, al caldo che li fa sudare nelle tute sintetiche, con i termosifoni accesi per tenere al caldo gli ammalati, e gli occhiali che si appannano eppure restano concentrati sulle vene da tastare per non infliggere troppo dolore al paziente che sostiene già tante sofferenze per ogni puntura, per ogni prelievo o infusione.
Per questo, chi esce dal reparto Covid dell'Edificio 12 del II Policlinico di Napoli va via con tanta voglia di dire "grazie" a chi ha lavorato con tanta dedizione: poche parole e instancabile attenzione.
Un anonimo paziente il "grazie" ha voluto esprimerlo inviando per la Pasqua i famosi "Biscotti di Castellammare": quelli avvolti nella tradizionale carta azzurra. Dolci, ma non troppo, friabili ma consistenti e dalla forma inconfondibile. Una ricetta antica che ancora oggi è molto ricercata da chi conosce la città delle acque.
Il piccolo dono ha raccolto i sorrisi di medici e infermieri del Reparto-Covid. Un grazie e il "Buona Pasqua". I biscotti di Castellammare erano accompagnati da una lettera scritta a mano che esprimeva tutti i sentimenti di gratitudine che, quando si va via da quel luogo che è stato di sofferenza, non si riescono a pronunciare, perché le emozioni si accavallano: la gioia per esserne usciti, l'affetto per gli ammalati che si sono conosciuti e sono diventati compagni di "sventura", ma ancor acostretti a restare e si lasciano con commozione e un poco di preoccupazione. I medici e gli infermieri ne vedono andare via molti, per fortuna, e a ciascuno dicono: "Arrivederci... ma fuori di qui".
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