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22 Aprile 2021 - 07:00
NAPOLI. Un luogo simbolo di lotta all’usura e un polo museale che riconnetta i visitatori con l’originaria funzione mutualistica in favore delle persone socialmente fragili. Proposte concrete, alternative al progetto di trasformazione in struttura alberghiera che i privati legati alla società di lavoro interinale Generazione Vincente, entrati in trattativa con Intesa San Paolo per l’acquisizione, intendono realizzare. Comitati, sindacati, associazioni, realtà politiche s’oppongono al possibile cambio di destinazione d’uso del Monte della Pietà.
Il presidio di ieri mattina dinanzi la sede della struttura di San Biagio dei Librai 114, sorta per volere del Re Carlo V nel 1539 e che ha sostenuto economicamente tantissime persone con l’acqua alla gola, è il suggello a settimane di mobilitazioni e appelli pubblici.
L’acquisizione del Monte di Pietà avverrebbe per 8,5 milioni di euro a cui poi farebbe seguito un investimento di circa 30 milioni di euro con Generazione Vincente che ha chiesto i fondi a Invitalia, società partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia. Ma realtà come Italia Nostra, Cub Sallca, Potere al Popolo, la Seconda Municipalità la vedo diversamente chiedendo agli enti pubblici di esercitare il diritto di prelazione nell’arco dei 60 giorni facendo riferimento al Decreto legislativo 44/2004. Perché tale richiesta? La risposta può essere ricondotta al fatto che il Monte di Pietà è un bene vincolato e dunque subito dopo il rogito il notaio è tenuto ad avvertire la Soprintendenza, la quale dovrà avvertire gli enti pubblici dando loro la possibilità di far scattare il diritto di precedenza. «Con il trasferimento ai privati di cui si parla necessario un intervento del Ministero dei Beni Culturali.
Se ciò non accadesse, allora la Regione può prenderne possesso destinando il Monte di Pietà ad uso pubblico, in un territorio privo di attrezzature pubbliche» ravvisa Luigi De Falco, presidente di Italia Nostra associazione nata per la salvaguardia del patrimonio storico e culturale del Paese.
«Da una situazione negativa la Regione può cogliere l’occasione per ripristinare quello che era l’uso del Monte di Pietà», gli fa eco Giuliano Granato di Potere al Popolo. Il tempo però stringe, le trattative di acquisizione sono ritenute in fase avanzate e chissà se il sit-in di ieri e i vari appelli riusciranno a determinare un destino diverso. A sperarlo è Raffaella Di Napoli presidente associazione degli artigiani di Napoli. «Anche io venivo qui quando ero in difficoltà economica per avere liquidità. Questa zona non à adatta a un albergo
. Qui ci vuole la cultura perché Napoli è cultura». Franco Di Mauro segretario provinciale Cub Sallca ed ex dipendente del Banco di Napoli si chiede: «Perché la banca vuole monetizzare proprio qui mentre dice di non voler disimpegnarsi per Napoli? È una degenerazione progressiva alla quale noi vogliamo opporsi». «Abbiamo curato la sala del Tesoro dove furono esposti tutti gli arredi sacri della cappella. Non può finire così la storia del Monte di Pietà» si rammarica con i suoi colleghi Giancarlo Marobbio, ingegnere del Banco di Napoli che oltre vent’anni fa venne chiamato a occuparsi del restauro delle opere e la ristrutturazione degli ambienti interni. Alcune settimane fa in una missiva inviata al Ministero dei Beni Culturali, Regione Campania, Città Metropolitana, Comune di Napoli e Intesa San Paolo, la Seconda Municipalità - che approvò all’unanimità in consiglio - ha chiesto che il Monte di Pietà sia un “luogo per la lotta all’usura e al racket, dando la possibilità, a coloro che ne sono vittime, di accedervi, attraverso un fondo per prestiti o finanziamenti, a tasso zero’’.
La vicenda del Monte di Pietà per gli animatori del presidio rappresenta l'ennesimo atto di perdita di identità del centro storico e dei suoi abitanti. «I privati stanno guadagnano sempre più spazio al posto del pubblico. Bisogna fermare tutto questo Vanno unite tutte le battaglie sociali di questa città» urlano Raffaele Paura e Gino Aveta, tra i più strenui attivisti nello spazio di Santa Fede Liberata che condividono la linea contro l’eccessiva turistificazione e gentrificazione del centro storico.
In ogni caso, qualche voce dissonante non manca. Maurizio Fuso, esercente e amministratore unico Mf Corporation, che ha sede esattamente di fronte al Monte di Pietà, non condivide i tempi del sit-in. «Perché protestano ora? Perché non hanno protestato quando hanno portato vie le opere d’arte? Le hanno prese di notte e nessuno ha mosso un dito.
A me interessa che questo palazzo rispetti i canoni della Soprintendenza e diventi di nuovo un luogo di attenzione come quando c’era il Monte di Pietà». In un tempo oramai lontano.
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