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Clan Cifrone al capolinea, gli ultimi ras si dissociano

Clan Cifrone al capolinea, gli ultimi ras si dissociano

Rischio stangata, i cugini boss Gaetano e Luigi ammettono gli addebiti. Il processo di primo grado parte con il botto: dietrofront di tutti i 18 imputati

NAPOLI. Se non è un record poco ci manca. Al momento non è dato sapere se dietro il loro dietrofront c’è un “dispiacere” sincero oppure se si tratta di una mera strategia difensiva per evitare di schiantarsi in condanne che potrebbero sfiorare, almeno per i capi e promotori, i vent’anni di reclusione. Sta di fatto che il processo di primo grado che ieri mattina ha visto alla sbarra il nuovo gotha della camorra di Miano si è aperto con un eclatante colpi di scena: tutti gli imputati, ben diciotto, non soltanto hanno ammesso gli addebiti, ma hanno anche deciso di prendere le distanze dai propri trascorsi da malavitosi.

Una dissociazione a tutti gli effetti, alla quale hanno aderito, tra gli altri, anche i cugini boss Gaetano e Luigi Cifrone, sospettati da inquirenti e investigatori di essere i principali registi dell’ultima faida che ha gettato scompiglio nella periferia nord di Napoli.

Dopo aver chiesto e ottenuto di essere giudicati con il rito abbreviato si sono così ritrovati alla sbarra, oltre ai cugini boss Gaetano e Luigi Cifrone, e al loro nemico giurato Salvatore Scarpellini, anche Salvatore Cifrone (padre di Luigi), il collaboratore di giustizia Luca Covelli, la sorella Assunta Covelli, Stefano Di Fraia, Umberto Fiorillo, Martino Fuiano, Gaetano Gervasio, Marco Guerra, Francesca Iacopo, Giuseppe Marciello, Ciro Milano, Pasquale Scotto, Raffaele Scotto, Luigi Staiti e Gaetano Tipaldi.

Nel processo sprint gli imputati dovranno a vario titolo difendersi dalle pesanti accuse di associazione per delinquere di tipo mafioso, droga, armi ed estorsione. Interminabile l’elenco delle persone offese individuate dagli inquirenti e citate nell’atto di conclusione delle indagini preliminari: si tratta soprattutto di piccoli e medi commercianti di generi alimentari, con base tra Piscinola, Miano e il rione Don Guanella di Secondigliano, tutti finiti nella morsa del racket portata attuata negli ultimi anni dai Cifrone, il clan che ha di fatto ereditato l’egemonia criminale del vecchio gruppo Lo Russo. Da questi ultimi avevano infatti mutuato persino lo stesso modus operandi.

A partire dall’imposizione del pizzo. Il racket del pane è stato del resto da sempre - atti e sentenze di condanna alla mano - uno dei principali marchi di fabbrica dell’ormai quasi estinto gruppo dei “Capitoni”. Ebbene, con la complicità di un commerciante organico alla nuova organizzazione, anche i Cifrone avrebbero fatto lo stesso.

Ma gli esiti della strategia intimidatoria in almeno una circostanza sono stati a dir poco drammatici: nell’inverno del 2018, infatti, il titolare di una cornetteria finito nella morsa della cosca, ormai stremato da quelle continue pressioni, è stato costretto ad abbassare per sempre la saracinesca dell’attività che avava avviato con tanti sacrifici. L’inchiesta ha però fatto il proprio corso e i risultati - cioè, gli arresti - non si sono fatti attendere. Nonostante i pochi mesi trascorsi dietro le sbarre i diciotto imputati, compresi i rispettivi ras delle due organizzazioni disarticolate, sembrano aver già assunto una posizione netta: tutti si sono infatti dissociati pubblicamente dal proprio passato di camorristi. Resta però adesso da capire quanto il gip terrà conto del loto dietrofront.

 

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