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Venti di faida a Fuorigrotta, nuovo attacco al clan Volpe

Venti di faida a Fuorigrotta, nuovo attacco al clan Volpe

MALANAPOLI Ipotesi avvertimento ad alcuni parenti del tabaccaio ucciso

Spari tra la folla in via Leopardi, quattro uomini nel commando

NAPOLI. I venti di faida tornano a soffiare più forte che mai tra le strade di Fuorigrotta. È qui che un commando costituito da quattro uomini è entrato in azione ieri pomeriggio, poco dopo le 17, nella trafficata via Leopardi, all’altezza del civico 153. Stando a quanto sostenuto da alcuni testimoni, i sicari avrebbero premuto il grilletto almeno quattro volte, ma sull’asfalto i carabinieri hanno individuato un solo bossolo calibro 7,65. Per fortuna non è stato registrato nessun ferito e nessun danno per la stesa, ma il raid è innescato non poche preoccupazioni negli ambienti investigativi: le indagini sono state affidate ai militari della compagnia di Bagnoli, che hanno eseguito anche i primi rilievi sulla scena. Le forze dell’ordine non sembrano avere alcun dubbio circa la matrice camorristica del raid di ieri pomeriggio. L’imboscata è infatti scattata poche centinaia di metri più avanti della zona del “Serpentone”, vale a dire il punto in cui alcune settimane fa è stato freddato l’anziano ras Antonio Volpe. Sul punto, gli investigatori ipotizzano che il nuovo attacco possa essere stato diretto ancora una volta alla famiglia Volpe: all’interno del gruppo figurano infatti diversi esponenti, tra cui alcuni stretti parenti del defunto tabaccaio, molto addentro alle dinamiche criminali di Fuorigrotta. Resta però da capire se il commando sia partito dal quartiere o da fuori zona, magari da Soccavo: su entrambi i fronte i Volpe, a lungo legati ai narcos del clan Cesi, potrebbero avere più di qualche conto in sospeso. Una mano potrebbe ad ogni modo arrivare dalle immagini registrate da alcune telecamere della zona: i filmati sono stati già acquisiti dai carabinieri. Già a fine marzo le indagini sul delitto sembravano aver ricevuto una prima importante accelerazione. I killer di Antonio Volpe si sono infatti disfatti della pistola utilizzata per uccidere il 77enne ras di via Leopardi, scambiando un giardino privato per un terreno pubblico. E così hanno sotterrato una “Walter P38” calibro 9, con il caricatore vuoto, nella proprietà di un uomo che abita in via Brigata Bologna, nella zona dell’ex sferisterio. Il quale, incensurato e dotato di senso civico, l’ha trovata casualmente e si è presentato al commissariato San Paolo, indicando ai poliziotti guidati dal dirigente Paolo Esposito il luogo preciso. Tutto vero e nessun dubbio sulla genuinità del racconto. Il sequestro della pistola potrebbe, nel caso in cui l’esecutore materiale del delitto abbia lasciato impronte, rappresentare la svolta nelle indagini condotte dai carabinieri di Bagnoli e del nucleo investigativo del comando provinciale, affiancati dai poliziotti di San Paolo. Negli ambienti investigativi si seguono diverse piste, tra cui quella che conduce ai contrasti passati tra i Cesi (in cui avrebbe avuto negli ultimi anni un ruolo di rilievo Antonio Volpe) e gli Iadonisi del rione Lauro, per finire al gruppo Troncone. Quel pomeriggio un uomo si è presentato presso gli uffici del commissariato San Paolo e ha raccontato di aver trovato una pistola nel giardino della sua abitazione in via Brigata Bologna. I poliziotti si sono messi subito in moto e giunti sul posto hanno riscontrato la denuncia sequestrando la pistola in perfetta efficienza: una “Walther P38” calibro 9 con matricola cancellata e priva di caricatore. Circostanza, quest’ultima, alla quale gli investigatori pure danno importanza: come mai non c’erano più proiettili? L’ipotesi maggiormente presa in considerazione è che siano stati usati per uccidere Antonio Volpe. In zona la tensione resta però altissima. 

(Nella foto l’arrivo dei carabinieri sul luogo della sparatoria; nel riquadro il defunto ras Antonio Volpe)

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