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09 Maggio 2021 - 07:00
NAPOLI. È uno spiraglio quello che potrebbe aprirsi con la mozione presentata da Bruna Fiola (nella foto in alto) e Massimiliano Manfredi (nella foto in basso), consiglieri regionale del Pd e rispettivamente primo e secondo firmatario del documento, con la quale si chiede che il Monte resti un bene pubblico. Grazie alla mozione presentata nelle scorse settimane è stato infatti avviato un lavoro da parte degli uffici della Regione, che ha portato ad un’interlocuzione con Banca Intesa per un sopralluogo da effettuare presso il Monte della Pietà. «Un luogo emblematico – hanno detto i due consiglieri - che rappresenta la città di Napoli e un simbolo storico, visto che da lì nacquero la lotta all’usura e le azioni di carità al servizio dei poveri, rimanga un bene pubblico.
La Regione si è anche dichiarata disponibile, ove ce ne fosse necessità, a trovare un’intesa con il ministero per arrivare a una soluzione. Per la trattativa di compravendita – spiegano Fiola e Manfredi - l’ufficiale incaricato a redigere l’atto di vendita deve comunicare per norma la notizialla Soprintendenza archeologica, Belle Arti e Paesaggio, che a sua volta dovrà inviare comunicazione agli enti pubblici, al fine che essi possano, secondo quanto stabilito dalla legge, eventualmente esercitare entro 60 giorni la prelazione»
. I due stanno dunque spingendo affinché «il complesso del Monte della Pietà, che rappresenta un patrimonio storico-artistico con opere realizzate da Bernini, Caracciolo, Santafede, Fanzago, con mobili e arredi di valore, resti un bene della città e che sia destinato prioritariamente ad attività culturali e di alta formazione». Quella di Fiola e di Manfredi è una delle azioni che si va ad aggiungere alle tante manifestazioni di dissenso che si stanno moltiplicando affinchè il Pio Monte non venga trasformato in albergo. Oltre all’immenso valore artistico si tratta di un luogo simbolo di lotta all’usura e un polo museale che riporta all’originaria funzione mutualistica in favore delle persone socialmente fragili; anche per questo comitati, sindacati, associazioni e realtà politiche si oppongono al possibile cambio di destinazione d’uso del Monte della Pietà.
L’acquisizione avverrebbe per 8 milioni e mezzo di euro a cui poi farebbe seguito un investimento di circa 30 milioni di euro con Generazione Vincente che ha chiesto i fondi a Invitalia, società partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia. Ma prima di arrivare ad una cessione le forze di opposizione a questo progetto, con la Seconda Municipalità in testa, stanno chiedendo agli enti locali di esercitare il diritto di prelazione nell’arco dei 60 giorni successivi alla richiesta di acquisto. Una prelazione che deriva dal fatto che Monte di Pietà è un bene vincolato e dunque subito dopo il rogito il notaio è tenuto ad avvertire la Soprintendenza, la quale dovrà avvertire gli enti pubblici dando loro la possibilità di far scattare il diritto di precedenza.
«A questo punto la Regione può prenderne possesso destinando il Monte di Pietà ad uso pubblico, in un territorio privo di attrezzature pubbliche» ravvisa Luigi De Falco, presidente di Italia Nostra associazione nata per la salvaguardia del patrimonio storico e culturale del Paese. Il tempo però stringe, le trattative di acquisizione sono ritenute in fase avanzata. Il pressare del tempo ha portato anche la Municipalità ad inviare una lettera al Ministero dei Beni Culturali, alla Regione , a Città Metropolitana, al Comune e a Intesa San Paolo, con la quale si rendeva noto che era stato approvato all’unanimità in consiglio che il Monte di Pietà restasse un “luogo per la lotta all’usura e al racket, dando la possibilità, a coloro che ne sono vittime, di accedervi, attraverso un fondo per prestiti o finanziamenti, a tasso zero’’
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