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Colpo da kappaò agli Iadonisi, il boss condannato a venti anni

Colpo da kappaò agli Iadonisi, il boss condannato a venti anni

Inflitti 13 anni e 6 mesi al rampollo Cosmo e 8 anni a Flavio Di Lorenzo. Fiumi di droga al rione Lauro, niente sconti nel processo di primo grado

NAPOLI. Primo kappaò giudiziario per i narcos del rione Lauro di Fuorigrotta. Arrestati e rinviati a giudizio con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, i reggenti del gruppo Iadonini hanno rimediato tre condanne di assoluta consistenza. La pena più severa è stata quella inflitta al ras Francesco Iadonisi: ben vent’anni di reclusione. È andata invece leggermente meglio al figlio Cosmo, che ha rimediato 13 anni e 6 mesi, e a Flavio Di Lorenzo, che ha invece rimediato 8 anni. Dettaglio non trascurabile: il giudice di primo grado, accogliendo le argomentazioni delle difese, ha però escluso la finalità mafiosa del delitto. In sintesi, il clan Iadonisi non esisterebbe e questa circostanza potrebbe spalancare in appello le porte a un’eventuale riduzione delle condanne. Il processo celebrato con il rito abbreviato si è dunque concluso ieri con un verdetto tutt’altro che morbido. In sede di requisitoria il pubblico ministero della Dda aveva anzi chiesto condanne ancora più severe: 24 anni di reclusione per Francesco Iadonisi, 16 anni per il figlio Cosmo e altrettanti per Flavio Di Lorenzo.

Il gip Baldassarre ha però deciso di non dare seguito all’aggravante della finalità mafiosa e questo “dettaglio” potrebbe fare da apripista a nuovi colpi di scena in appello. Gli avvocati dei tre imputati (tutti difesi da Paolo Gallina, mentre Antonella Regine assiste in tandem Cosmo e Di Lorenzo) sono dunque già al lavoro in vista del prossimo ricorso. Sulla testa dei tre narcotrafficanti del rione Lauro pendono però anche le pesanti accuse lanciate nei loro confronti da alcuni importanti collaboratori di giustizia, ultimo in ordine di tempo l’ex ras Gennaro Carra, per anni figura al vertice del clan Cutolo della “44” del rione Traiano, che ha ricostruito con una certa dovizia di particolari gli affari criminali degli Iadonisi, compresa la gestione dei parcheggiatori abusivi nella zona dello Stadio San Paolo, ma anche la spaccatura creatasi pochi anni fa con il boss Gennaro Cesi, il quale non è stato però coinvolto nel procedimento in questione.

Il provvedimento cautelare era stato eseguito dai poliziotti della sezione Omicidi - segno che l’indagine abbracciava anche altre e più gravi ipotesi di reato non ancora contestate - e al suo interno era stata ricostruita l’intera filiera dello spaccio che il ras del rione Lauro di Fuorigrotta e suoi fedelissimi hanno portato avanti dal 2016 ad oggi. Nell’indagine erano complessivamente coinvolte sette persone, ma solo per tre di loro è scattata la custodia in carcere: vale a dire il ras Francesco Iadonisi, il figlio Cosmo e il parente acquisito Flavio Di Lorenzo. L’inchiesta aveva preso piede grazie a una fitta attività di intercettazione ambientale che i detective della Mobile avevano eseguito all’interno di un appartamento-piazza di spaccio nella disponibilità della famiglia Iadonisi. Sul punto, è però emersa un’importante contestazione nel corso nel rito abbreviato che ha riguardato la posizione del presunto narcos Cosmo Iadonisi: i difensori Gallina e Regine hanno infatti sostenuto, atti alla mano, che a suo carico non è stata mai acquisita alcuna registrazione che ne dimostrasse il coinvolgimento nell’affare

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