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27 Maggio 2021 - 07:00
Epurazione interna al clan, fine pena mai solo per Emanuele Bracale. Omicidio Balestrieri: venti anni per Marfella, Carillo e Foglii
NAPOLI. Il lungo iter giudiziario che sta facendo luce sull’ultima faida di Pianura sfodera un nuovo colpo di scena, con tre ergastoli cancellati e solo uno confermato. Determinante ai fini del verdetto si è rivelata la mossa dei tre imputati “graziati” di ammettere gli addebiti confessando il proprio coinvolgimento nella vicenda. Si è dunque concluso così il processo di secondo grado che ha visto alla sbarra i giovani killer del clan Pesce-Marfella, tutti a vario titolo accusati di essere responsabili dell’omicidio di Francesco Balestrieri, assassinato nell’aprile del 2014 nell’ambito di una feroce epurazione interna avvenuta all’epoca nella temibile cosca di Napoli Ovest. I giudici della seconda sezione della Corte d’assise d’appello di Napoli, rideterminando la precedente condanna emessa agli imputati nel dicembre del 2019, ha dunque inflitto a Salvatore Marfella, Lorenzo Carillo e Giuseppe Foglia 20 anni di reclusione a testa. Il collaboratore di giustizia Pasquale Pesce “’e bianchina” se l’è invece cavata con 11 anni di reclusione, mentre per Emanuele Bracale è stata invece confermata la pena dell’ergastolo.
Per Salvatore Marfella, circostanza non trascurabile, si tratta già del secondo ergastolo cancellato: il giovane boss è infatti attualmente sotto processo anche per un altro grave fatto di sangue. Su tutte le ricostruzioni accusatorie spiccano quelle rese agli inquirenti proprio dall’ex “padrino” Pasquale Pesce: «Si era messo in testa di muoversi per conto proprio. Era stato scarcerato da 15 giorni dopo 15 anni, ma da noi non si era fatto proprio vedere. Sapemmo però che aveva chiesto soldi a due commercianti. Così io e Salvatore Marfella decidemmo di ucciderlo». Erano state queste, in particolare, le dichiarazioni di “’e Bianchina”, pentito da luglio 2017, che hanno consentito di risalire ai responsabili dell’omicidio di Francesco Balestrieri, detto “Franco”, ex affiliato ai Lago ed ex collaboratore di giustizia rientrato in seguito nei ranghi della camorra con la casacca dei Pesce-Marfella.
Così, l’11 giugno 2018 i poliziotti della Squadra mobile, che attraverso diversi riscontri e indizi hanno condotto le indagini sotto il coordinamento della Procura, avevano eseguito un’ordinanza di custodia cautelare a carico di cinque indagati eccellenti: Salvatore Marfella, Giuseppe Foglia, Emanuele Bracale, Antonio Campagna e Lorenzo Carillo. Indagati, ma senza misure restrittive a carico, Pasquale Pesce e Raffaele Dello Iacolo. Le indagini accertarono che Pesce e Marfella, allora reggenti del clan, decretarono l’assassinio del pregiudicato per insubordinazione, ordinandone l’omicidio. L’inchiesta aveva consentito di accertare che Pasquale Pesce e Salvatore Marfella, allora indiscussi reggenti del clan, decretarono l’assassinio del pregiudicato per insubordinazione. Dello Iacolo si occupò, su disposizione di Marfella, di consegnare a Foglia e Bracale le armi; Foglia, Bracale e Campagna detto Sasà sarebbero stati invece i componenti del gruppo di fuoco con precisa ripartizione dei compiti: Campagna guidò l’auto su cui i tre viaggiavano e che speronò il ciclomotore condotto dalla vittima; Foglia e Bracale scesero dalla macchina ed esplosero contro Balestrieri numerosi colpi di pistola calibro 9 provocandone la morte immediata; Carillo si occupò su ordine di Pasquale Pesce del recupero dei killer, conducendoli lontano da Pianura, in tal modo allontanandoli dal luogo dell’omicidio appena commesso. Una fuga che, qualche anno dopo, non sarebbe bastata a evitare le manette.
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