Cerca

Il boss Terracciano si pente, trema il “sistema” vesuviano

Il boss Terracciano si pente, trema il “sistema” vesuviano

Il Riesame scagiona Scognamiglio: non partecipò all’agguato a Piscopo. Clamoroso dietrofront dopo l’arresto per il tentato omicidio del ras rivale

NAPOLI. Gli è bastato trascorrere una manciata di giorni in gattabuia per lanciarsi a capofitto tra le braccia dello Stato. Arrestato a fine maggio con l’accusa di essere stato uno dei due esecutori materiali del tentato omicidio del ras rivale Umberto Piscopo, reggente del clan Piscopo-Ponticelli con base a Massa di Somma e San Sebastiano al Vesuvio, il 31enne Antonio Terracciano, capozona dell’omonima cosca, ha deciso di iniziare a collaborare con la giustizia. Lo ha fatto ancora prima che il provvedimento cautelare da cui è stato colpito venisse vagliato dai giudici del Riesame ed è già stato sottoposto a diversi interrogatori da parte dei pubblici ministeri della Dda. Proprio davanti al tribunale delle Libertà è in compenso maturato anche un altro colpo di scena, che ha però visto protagonista l’altro presunto responsabile dell’agguato, vale a dire il 50enne Umberto Scognamiglio, alias “Alberto”, che, difeso dagli avvocati Rosario Arienzo e Antonio Abet, si è visto annullare l’accusa di aver preso parte attivamente al raid scattato il 3 maggio del 2018. Per lui resta dunque in piedi soltanto l’imputazione per armi, motivo per cui almeno per il momento rimarrà ancora detenuto. Visto il drastico affievolimento del quadro indiziario a suo carico, non è però da escludere che da qui ai prossimi mesi la sua condizione di detenuto venga rivista dall’autorità giudiziaria.

All’agguato che tre anni fa è quasi costato la vita al capozona rivale Piscopo avrebbe poi preso parte, seppur con il ruolo di semplice autista, anche il 41enne Antonio Borrelli: in questo caso il tribunale del Riesame non si è però ancora espresso. La indagini sulla sanguinosa vicenda erano arrivate a un primo punto di svolta grazie alle informazioni fornite ai carabinieri dalla testimone oculare Marianna Febbraro, la quale in un primo momento si era limitata a effettuare una chiamata anonima; in seguito identificata e interrogata in maniera più approfondita, la donna aveva dunque fornito una circostanziata descrizione di quanto visto sulla scena del crimine. Nonostante la sua testimonianza il presunto killer “Alberto” Scognamiglio è stato però scagionato dall’accusa di tentato omicidio. Determinanti in tal senso potrebbero essersi rivelate proprio le prime dichiarazioni fornite agli inquirenti dall’ormai ex ras Terracciano.

L’agguato avvenne il 3 maggio del 2018, quando un commando aprì il fuoco davanti al portone di casa di Umberto Piscopo, all’epoca indiscusso reggente dell’omonimo clan: una pioggia di proiettili che aveva come scopo quello di ucciderlo, seppure non riuscendoci. L’obiettivo era quello di potenziare il proprio controllo sui territori di Massa di Somma e di San Sebastiano al Vesuvio, che da tempo il clan Terracciano considera il proprio feudo esclusivo. Tra gli arrestati figurava infatti anche Antonio Terracciano, pregiudicato e considerato uno dei nuovi soggetti di spicco del clan: è considerato dagli inquirenti il mandante ed esecutore dell’agguato; gli altri due arrestati, Borrelli e Scognamiglio, avrebbero rispettivamente fatto da accompagnatore e palo nell’agguato il primo, ed esecutore il secondo. Dopo le manette ai polsi, Terracciano ha però optato per il clamoroso dietrofront.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Roma

Caratteri rimanenti: 400

Logo Federazione Italiana Liberi Editori