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17 Giugno 2021 - 07:00
Svelati i retroscena dell’omicidio avvenuto nel novembre 2004.Fu la risposta al duplice delitto Montanino-Salierno, la “ribellione” ai metodi di “Cosimino”
NAPOLI. Contro di loro hanno puntato l’indice diversi pentiti, a cominciare da Antonio Pica nipote dei Prestieri per finire a Pasquale Riccio e Gennaro Notturno “Sarracino”. Così, comparando le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia con le acquisizioni investigative dell’epoca, nei confronti di Cosimo Di Lauro e Nicola Todisco “’o ninnone” il gip del tribunale di Napoli ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare per l’omicidio di Massimiliano De Felice. Un delitto riconducibile alla prima faida di Secondigliano e Scampia con gli “scissionisti” e alle parentele eccellenti della vittima: cognato di Vincenzo Notturno “Vector” e Guido Abbinante. L’agguato avvenne il 28 novembre 2004 e rappresentò la risposta al duplice omicidio Montanino-Salierno, che aprì le ostilità in maniera eclatante. Fu l’attacco delle famiglie di malavita che si ribellarono ai metodi di “Cosimino”, arroganti e accentratori secondo i nemici.
Le indagini, condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo di Castello di Cisterna con il coordinamento della Dda, hanno portato ieri mattina all’esecuzione del provvedimento restrittivo a Milano e a Saluzzo (Cuneo), dove gli indagati sono detenuti per altre vicende giudiziarie. Cosimo Di Lauro, 48enne primogenito del boss Paolo Di Lauro detto “Ciruzzo ’o milionario” per essere stato uno dei primi camorristi ricchi, è considerato il mandante dell’omicidio De Felice. Mentre a sparare sarebbe stato Nicola Todisco alias “’o ninnone”, 38 anni, allora quasi un insospettabile e divenuto nel tempo un elemento di spicco del clan Di Lauro. Le accuse precise per entrambi, in concorso, sono di “omicidio volontario aggravato per aver agito con premeditazione” e “detenzione e porto abusivo di armi”, aggravati dal “metodo e dalle finalità mafiose”. L’esecutore materiale (come spieghiamo meglio a parte) avvicinò con una scusa la vittima e gli sparò a bruciapelo.
Il provvedimento restrittivo scaturisce dagli accertamenti svolti dal Nucleo investigativo di Castello di Cisterna già allora e negli anni successivi e dalle concordanti dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia in merito alle responsabilità in capo a Cosimo Di Lauro e Nicola Todisco, rispettivamente quali mandante ed esecutore materiale dell’omicidio di Massimiliano De Felice (bersaglio anche simbolico proprio perché legato da rapporti di parentela con le famiglie Abbinante e Notturno, all’epoca al vertice della contrapposta alleanza scissionista), avvenuto a Scampia il 28 novembre 2004. Periodo in cui era in atto la Prima faida di Scampia, guerra senza quartiere, protrattasi dall’ottobre del 2004 all’aprile del 2005, che ha mietuto numerose vittime, quasi tutte tra i congiunti dei principali esponenti criminali e spesso del tutto estranee a contesti camorristici, secondo una strategia di tipo terroristico messa in atto dai killer. Erano le 23 quando Massimiliano De Felice, 30enne, fu ammazzato in via Ghisleri, nei pressi della sua abitazione
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