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Traffico d’armi, 4 arresti: marito e moglie di San Giorgio a Cremano convertiti all’islam

Traffico d’armi, 4 arresti: marito e moglie di San Giorgio a Cremano convertiti all’islam

In manette Mario Di Leva, 69 anni, la moglie di 63 anni, Annamaria Fontana, e l'ad della Romana Elicotteri srl, Andrea Pardi di 51 anni

Ci sono tre italiani tra i destinatari del provvedimento di fermo per traffico internazionale di armi verso Iran e Libia. L'operazione, eseguita dal Nucleo di Polizia Tributaria di Venezia coordinato dalla Dda di Napoli, vede al centro dell'indagine una coppia di San Giorgio a Cremano, Mario Di Leva, 69 anni, che si e' convertito all'Islam con il nome di Jaafar, la moglie di 63 anni, Annamaria Fontana, e l'ad della Romana Elicotteri srl, Andrea Pardi di 51 anni. Il quarto uomo destinatario del provvedimento e' un libico resosi al momento irreperibile. L'operazione della fiamme gialle e' scattata tra Roma, Napoli, Salerno e L'Aquila in merito a indagini sul traffico internazionale di armi e di materiale dual-use di produzione straniera.

Ci sarebbero stati rapporti tra i coniugi di San Giorgio a Cremano e ambienti vicini ai rapitori di Fausto Piano, Salvatore Failla, Gino Pollicandro e Filippo Calcagno, i quattro italiani sequestrati in Libia nel 2015. Il sequestro si concluse con la morte di Piano e Failla e con la fuga di Pollicandro e Calcagno. Nel corso delle indagini su Mario Di Leva, convertito all'Islam con il nome di Jaafar e per il quale i magistrati napoletani sospettano un processo di "radicalizzazione", e sulla moglie Annamaria Fontana, sarebbero emersi messaggi tra i due su Whatsapp, risalenti al 2015, nei quali parlano dei 4 italiani rapiti e che farebbero evincere contatti con i rapitori o con persone vicine a questi ultimi.

 C'erano molte tracce seminate da Francesco Chianese, un imprenditore fino a qualche anno fa insospettabile, ma per gli inquirenti vicino al potente clan dei Casalesi. Lui, che e' stato indagato gia' nel 2013, avrebbe dovuto fare l'istruttore militare in Africa e il clan avrebbe dovuto vendere armi grazie al suo appoggio nel continente nero. E' questa la chiave dell'inchiesta che questa mattina ha portato all'arresto di quattro persone tra le quali una coppia di coniugi convertiti all'Islam di San Giorgio a Cremano. Le armi che venivano 'piazzate', cosi' come tutta la componentistica sarebbero per lo piu' di fabbricazione italiana, e sarebbero state vendute in Nigeria, Somalia, Sudan, Libia, Iran. Ogni pezzo aveva un prezzo differente: kalashnikov, pistole e carri armati erano i piu' richiesti. Da un lato, c'era il 'gruppo di fuoco' e diplomatico del superboss Michele Zagaria, attualmente in carcere al 41 bis ma con un 'esercito' di affiliati pronto ad immolarsi per lui. Dall'altro lato, ci sono gli estremisti in cerca di armi. Al centro c'e' Napoli, citta' dove e' facile potersi nascondere e dove e' altrettanto facile trovare contatti importanti e documenti di ogni tipo. E proprio nel 2013 fu ascoltata dalla Dda partenopea una telefonata tra Francesco Chianese, detto ''o santulillo' che viveva a Parete e che a maggio del 2016 e' stato arrestato, e un estremista: da li' la trama che ha portato agli arresti di questa mattina.

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