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Travolto e ucciso dal clan, i Di Lauro sono all’angolo

Travolto e ucciso dal clan, i Di Lauro sono all’angolo

Giudizio immediato per Marco “F4”, il fratello e Mennetta.Uccisero l’innocente De Magistris, i killer adesso rischiano

NAPOLI. Per mandanti e killer dell’innocente Salvatore De Magistris arriva, dopo oltre sedici anni, il primo giro di vite. Concluse le indagini preliminari, la Procura antimafia ha infatti chiesto e ottenuto la fissazione del giudizio immediato. Il decreto del gip è stato appena notificato a tre indagati a dir poco eccellenti, tutti a vario titolo ritenuti coinvolti nell’atroce delitto del patrigno del rivale (poi pentitosi) Biagio Esposito. Processo dietro l’angolo, dunque, per il capoclan Marco Di Lauro, il fratello minore Nunzio e il ras Antonio Mennetta “Er nino”. Gli imputati (difesi dagli avvocati Claudio Davino, Gennaro Pecoraro e Giuseppe Ricciulli) dovranno a questo punto stabilire l’iter processuale al quale andare incontro: vale a dire dibattimento o rito abbreviato così da puntare, in caso di eventuale condanna, a uno sconto di pena. In ogni caso, ferma restando la presunzione di innocenza fino a prova contraria, il rischio di andare incontro a una pene esemplare è tutt’altro che remoto, soprattutto dopo le recenti accuse scagliate contro i tre ras secondiglianese dal collaboratore di giustizia Salvatore Tamburrino: l’uomo che con le proprie rivelazioni ha contribuito, dopo una lunghissima stagione di impasse, a sbloccare le indagini sull’omicidio di De Magistris. Mentre la vittima era riversa a terra con il cranio fracassato, l’inter gotha del clan Di Lauro transitava sulla scena per accertarsi che la missione di morte fosse stata portata a termine. Che quell’uomo non avesse alcun legame con la camorra, a parte la parentela con lo scissionista Biagio Esposito, per loro non aveva alcuna importanza, così come il fatto che accanto a quel corpo martoriato ci fosse una ragazzina in lacrime: «Nel vedermi sopraggiungere Nunzio Di Lauro mi salutò dicendo testualmente “Ciao Anto”».

Come se quello strazio non lo riguardasse. Da quel giorno sono passati sedici interminabili anni e la giustizia, ferma restando la presunzione dinnocenza fino a prova contraria, ha fatto il proprio corso. Per l’assassinio dell’innocente De Magistris, massacrato di botte il 30 ottobre 2004 e morto in ospedale il successivo 29 novembre, a marzo sono finiti in manette il capoclan Marco Di Lauro, il fratello minore Nunzio e Antonio Mennetta “Er nino”, in seguito diventato uno dei capi della Vanella Grassi. Dopo una lunga stagione di indagini al ralenti, nell’estate 2019 l’inchiesta sul caso ha subito una fortissima accelerazione e la prima persona a fare luce sulla vicenda era stata anche la figlia della vittima, Antonella, da tempo fuggita via da Napoli insieme alla propria famiglia.

Ascoltata il 25 luglio 2019, la donna non ha esitato ad affidare agli inquirenti della Dda i propri ricordi di quella giornata maledetta:«Erano circa le 14,30. Era sabato e mi trovato a casa di mia zia, quando sentii le urla provenire dalla corte del mio fabbricato che io ricondussi a Cira Marino, fidanzata di Marco Di Lauro, da me conosciuta da sempre. Immediatamente scesi con mia zia e dopo pochi metri raggiunsi l’arco al civico 7 (di piazza Zanardelli, ndr)». A questo il racconto entra nel vivo con nomi e cognomi: «Vidi Nunzio Di Lauro e Antonio Mennetta a bordo di una moto Honda “Transalp”, condotta da Di Lauro, ancora sotto l’arco che costituisce l’ingresso del mio fabbricato, che si stavano muovendo dirigendosi verso via del Camposanto. Nel vedermi sopraggiungere Nunzio Di Lauro mi salutò dicendo testualmente “Ciao Anto”. Appena si allontanarono mi girai verso la mia destra e vidi mio padre a terra»

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