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La protesta del boss Cifrone: «Condannato dallo stesso gip»

La protesta del boss Cifrone: «Condannato dallo stesso gip»

IL PROCESSODopo la stangata per camorra, è adesso imputato per estorsione. Colpo di scena in aula, il ras chiede al giudice di astenersi

NAPOLI. Dice di non sentirsi «sereno e garantito» in quanto quello stesso magistrato l’ha già condannato pochi mesi fa a vent’anni di reclusione per associazione mafiosa. Per questo motivo chiede, rivolgendosi al gip in persona, di «astenersi e di rinviare il processo a un altro giudice». Il rito abbreviato che vede alla sbarra il ras di Miano, Gaetano Cifrone, stavolta imputato con l’accusa di estorsione, si apre con un inatteso colpo di scena: il boss e presunto regista dell’ultima faida contro i rivali del gruppo Balzano ha infatti presentato istanza affinché il processo “sprint” venga affidato a un altro giudice. Già nei giorni scorsi Cifrone aveva scritto di proprio pugno una missiva-istanza che dal carcere di Ascoli, dove si trova attualmente detenuto, è stata recapitata al tribunale di Napoli. Nel corso dell’ultima udienza il ras di Miano “di sopra” ha però deciso di prendere la parola, rivolgendosi direttamente al giudice. L’imputato, reduce dalla stangata rimediata a inizio maggio, ha così riferito al gip De Lellis, lo stesso magistrato che ha firmato l’ultima sentenza di condanna, di non sentirsi sereno, ma anzi «molto perplesso e poco garantito». Gaetano Cifrone ha quindi chiesto alla dottoressa di astenersi rinviando il processo a un altro giudice. L’appello del ras per il momento è però caduto nel vuoto: il gip, ritenendo che non ci fosse alcuna forma di incompatibilità tra i due procedimenti, ha infatti respinto la richiesta. La questione potrebbe essere però tutt’altro che conclusa. Nel caso in cui l’istanza assumesse veste formale di richiesta di ricusazione gli atti dovrebbero essere necessariamente ritrasmessi alla Presidenza della Corte d’appello di Napoli e a quel punto sarebbe quest’ultima a stabili il da farsi. La mossa di Cifrone ha intanto subito innescato una prima fibrillazione: nel corso dell’udienza, infatti, si è registrato un acceso scontro tra il pubblico ministero, sorpreso dall’istanza dell’imputato, e la difesa del ras, rappresentata dall’avvocato Domenico Dello Iacono. Ad ogni modo se ne riparlerà forse a settembre, quando il processo per estorsione dovrebbe finalmente entrare nel vivo. Nel processo principale, quello definitosi a inizio maggio, erano arrivati qualcosa come oltre due secoli di reclusione e le pene più severe erano state proprio quelle inflitte ai due presunti capi e promotori del clan, vale a dire i cugini Gaetano e Luigi Cifrone. Gli imputati erano, a vario titolo, accusati di associazione per delinquere di tipo mafioso, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, armi ed estorsione. Fatta eccezione per alcune condanne inferiori alle aspettative della Procura, il verdetto emesso dal gip non aveva per nulla soddisfatto il collegio difensivo, il quale aveva tra l’altro sollevato una piccata eccezione in merito alla presunta inutilizzabilità delle intercettazioni ambientali effettuate nell’auto del pentito Luca Covelli, all’epoca dei fatti ancora a pieno titolo inserito nelle fila del clan Cifrone: una tesi che, almeno fin qui, non ha però fatto breccia nelle convinzioni del giudice. Tornando invece alle contestazioni, soprattutto per quanto riguarda il fronte delle attività estorsive, è stato quasi interminabile l’elenco delle persone offese individuate dagli inquirenti: si tratta soprattutto di piccoli e medi commercianti di generi alimentari, con base tra Piscinola, Miano e il rione Don Guanella di Secondigliano, tutti finiti nella morsa del racket portata avanti per anni dai Cifrone, il clan che ha di fatto ereditato l’egemonia del vecchio gruppo Lo Russo.

Nei riquadri i cugini imputati Gaetano e Luigi Cifrone, entrambi considerati dall’accusa al vertice dell’organizzazione

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