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01 Agosto 2021 - 06:00
SAN GIOVANNI A TEDUCCIO Il 34enne di Giugliano era stato arrestato nel blitz di febbraio scorso. È ritenuto il prestanome di Giuseppe Savino, legato ai Mazzarella, ancora latitante
NAPOLI. È tornato in libertà un altro dei destinatari della misura cautelare, che comprendeva varie inchieste parallele, eseguita il 24 febbraio scorso: Giuseppe Auletta, 34enne di Giugliano, ritenuto il prestanome di Giuseppe Savino (legato ai Mazzarella-Formicola di San Giovanni a Teduccio), tuttora latitante per lo stesso provvedimento restrittivo. Era accusato di una maxi frode fiscale per oltre cinquanta milioni di euro nel settore della commercializzazione di carburanti, commessa secondo la Dda per agevolare l’associazione camorristica. Ma ieri il gup De Chiara del Tribunale di Napoli, accogliendo le argomentazioni degli avvocati Andrea Giovine e Maria Padovani, ha deciso la scarcerazione di Auletta, ora indagato a piede libero. Intanto continua la caccia a Giuseppe Savino, imparentato con i Formicola e legato allo storico clan di San Giovanni a Teduccio alleato dei Mazzarella, ma soprattutto mente finanziaria capace di accumulare beni per 2 milioni e mezzo di euro. Il 45enne residente a Volla è l’unico latitante di spicco collegato alla criminalità organizzata del quartiere orientale di Napoli. E’ accusato di impiego di beni di provenienza illecita commesso per agevolare un'associazione camorristica, emissione di fatture per operazioni inesistenti e trasferimento fraudolento di valori. Tutto condensato in un’ordinanza di custodia cautelare che gli investigatori non poterono eseguire perché “Peppe” era sparito dalla circolazione e ora è ricercato. Mentre invece è andato in porto il sequestro a suo carico di immobili e valori mobili, notificato dai poliziotti della divisione amministrativa della questura alla moglie. Secondo l’accusa Giuseppe Savino agiva in combutta con altri 2 esponenti di primo piano della malavita di San Giovanni a Teduccio: Salvatore Fido “’o chiò” e Maurizio Donadeo, i quali sono indagati a piede libero perché già in carcere per altre accuse. Per gli inquirenti della Dda, ferma restando la presunzione d’innocenza degli indagati fino all’eventuale condanna definitiva, in 7 avevano attuato un complesso sistema per evadere le imposte, evitando che potessero essere individuati i proventi derivanti dalla vendita di carburanti. A ideare le complesse manovre finanziarie era Salvatore Abbate detto “Tore ‘a cachera” e il sistema era simile a quello già scoperto altre volte in situazioni analoghe dai finanzieri. Una società “cartiera”, definita così perché fondata su carte e non su attività reali, provvedeva a emettere fatture per operazioni inesistenti sotto la regia di Giuseppe Auletta, considerato un prestanome di Savino. Alla fine di un tortuoso giro di danaro a lui, a Fido e a Donadeo venivano restituiti i soldi con la detrazione di una commissione di favore del 2 per cento per l’”opera” prestata.
In foto: Giuseppe Savino, sfuggito al blitz e ancora latitante
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