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Favori al boss dei Cutolo: in manette due carabinieri

Favori al boss dei Cutolo: in manette due carabinieri

Tentato omicidio Varriale, preso anche il killer dei Longobardi-Beneduce. Auto, barche e cene per le soffiate: arrestati Mario Cinque e Walter Intilla

NAPOLI. Forte della divisa che indossava sarebbe riuscito a tenere sotto scacco niente di meno che l’allora indiscusso numero uno della camorra del rione Traiano. Da Gennaro Carra, oggi collaboratore di giustizia e suo principale accusatore, Mario Cinque, carabiniere in servizio nella compagnia di Bagnoli, avrebbe ottenuto una Mercedes “Slk” di provenienza illecita da cui recuperare pezzi di ricambio, ma anche diverse cene al ristorante e il noleggio di una barca. Il militare dell’Arma non sarebbe stato però il solo, tra il 2018 e il 2019, a violare il patto di servire lo Stato: altrettanto avrebbe fatto il collega Walter Intilla, anch’egli coinvolto nell’inchiesta culminata nel blitz di ieri mattina.

I carabinieri destinatari delle due misure Mario Cinque, 46enne di Napoli, nei confronti del quale il gip Maria Laura Ciollaro ha disposto la custodia in carcere, e Walter Intilla, 49enne di Acerra, al quale il giudice ha comminato i domiciliari. Insieme a Cinque è finito anche Gennaro Di Costanzo, 42enne legato al clan Longobardi-Beneduce, a cui la Dda contesta il ruolo di esponente di vertice nell’organizzazione camorristica con base tra Pozzuoli e Bagnoli e, soprattutto, il tentato omicidio di Mario Varriale, ferito da tre colpi di pistola alle gambe il 24 settembre 2018: anche su quest’ultima vicenda si sarebbe inserita la figura di Cinque. Il carabiniere, nonostante avesse appreso del coinvolgimento di Di Costanzo nel raid, avrebbe omesso di metterlo nero su bianco nella relazione di servizio. All’epoca dei fatti contestati Mario Cinque prestava servizio nella compagnia dei carabinieri di Bagnoli mentre Walter Intilla lavorava nel nucleo Operativo e Radiomobile - Sezione Operativa, del reparto Territoriale dei Carabinieri di Mondragone (Caserta). Tra gli indagati a piede libero figurano il 39enne ex boss Gennaro Carra, ritenuto dagli inquirenti il reggente del clan Cutolo del rione Traiano, e il 47enne Luigi Carannante, comandante della stazione dei carabinieri di Monte di Procida (per il quale il gip ha rigettato la richiesta del pm per carenza di indizi di colpevolezza).

I carabinieri sono accusati, tra l’altro, di avere rivelato informazioni coperte da segreto, come l’esistenza di indagini. A Cinque, ferma restando la presunzione di innocenza fino a prova contraria, viene poi contestato di avere falsamente attestato che tra il 28 e il 29 gennaio 2019, Carra (che si aggirava in via Marco Aurelio armato di una pistola), fosse a piedi in strada e non a bordo di un’auto noleggiata. Anche a Intilla viene contestato di avere rilevato informazioni riservate, in quanto avrebbe riferito al collega Cinque - su impulso di quest’ultimo, preoccupato delle accuse che una prostituta di Castel Volturno aveva rivolto a un suo amico - e a un altro militare ancora non identificato l’esistenza di indagini, correlate da intercettazioni, su un conoscente di Cinque, e che i carabinieri erano in procinto di eseguire una misura cautelare nei confronti di un’altra persona: «Vedo un attimo, poi ti faccio sapere... leva mano, Mario», fu il consiglio di Intilla, al quale si contesta pure la detenzione a fini di spaccio di stupefacenti, per la precisione cocaina, di cui si sarebbe appropriato, secondo il giudice, abusando dei suoi poteri, a Castel Volturno introducendosi nell’abitazione di alcuni pusher extracomunitari.

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