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Soffiate per favorire i Cutolo, c’è un’altra talpa in caserma

Soffiate per favorire i Cutolo, c’è un’altra talpa in caserma

CAMORRA Nuove ombre sulla compagnia di Bagnoli: «Era lui a portarci gli atti». L’ex ras Carra: «Notizie riservate da un carabiniere di Palermo»

NAPOLI. L’appuntato Mario Cinque non sarebbe stato il solo a far uscire informazioni riservate dalla caserma che ospita la compagnia di Bagnoli per affidarle ai massimi esponenti del clan Cutolo del rione Traiano. Parola di Gennaro Carra, l’ex ras della “44” e oggi collaboratore di giustizia di primissimo piano che con le sue dichiarazioni ha appena innescato l’ennesimo tsunami giudiziario: «Tra il 2012 e il 2013, sempre a Bagnoli, c’era un carabinieri di origini palermitane, che ho visto sempre in divisa e che a volte portava il pizzetto, aveva una Fiat “Bravo”, il quale ci portava notizie sempre». In questo caso, a differenza di quanto avvenuto per il 46enne Cinque, Carra non è stato in grado di indicare il nome del militare infedele, ma quanto messo a verbale nel corso dell’interrogatorio al quale è stato sottoposto il 23 settembre 2019 lascia presagire che il cerchio delle indagini potrebbe essere tutt’altro che chiuso. Vale la pena ricordare che proprio sulla scorta delle dichiarazioni di Carra, che ha rafforzato e approfondito quanto in precedenza già sostenuto da altri sette pentiti, due giorni fa sono stati arrestati due militari dell’Arma: Mario Cinque, in servizio nel nucleo Operativo della compagnia di Bagnoli e adesso detenuto in carcere; e Walter Intilla, in servizio a Mondragone, destinatario di una misura di custodia cautelare agli arresti domiciliari. Indagato invece a piede libero per ricettazione il comandante di Monte di Procida, Luigi Carannante. Stando a quanto sostenuto dall’ex boss dei Cutolo, i militari infedeli sarebbero stati - ferma restando la presunzione di innocenza fino a prova contraria - molti di più rispetto a quanto fin qui emerso. Nel corso della lunga deposizione, infatti, Carra ha tirato in ballo anche un quarto ufficiale, un uomo che a suo dire sarebbe stato per almeno due anni a completa disposizione della cosca, alla quale avrebbe fornito notizie in merito a delicate indagini ancora in corso: «Prima che mi dimentichi - ha affermato il pentito - voglio dirvi che tra il 2012 e il 2013 sempre a Bagnoli c’era un carabiniere di origini palermitane, che ho sempre visto in divisa, che a volte portava il pizzetto e aveva una Fiat “Bravo”, il quale ci portava sempre notizie riservate». Entrando nei dettagli di quel rapporto, Genny Carra ha infatti spiegato: «In un’occasione ci ha addirittura portato dei fogli dove c’erano atti di indagine con i nostri nomi scritti relativamente a un blitz poi eseguito dalle forze di polizia. Potrei riconoscerlo in foto». Il volto di quel carabiniere resta però al momento un punto di domanda. Ciò non toglie che anche a lui l’autorità giudiziaria potrebbe presto venire a chiedere conto e ragione. La deposizione di Carra si è però soffermata soprattutto sulla figura di Mario Cinque, vero dominus dell’indagine culminata negli arresti eseguiti l’altro ieri, e ricostruendo le richieste di favori che il carabiniere avrebbe negli anni avanzato nei suoi confronti, l’ex ras non ha fatto mistero del proprio stato d’animo: «Queste persone, cioè i carabinieri corrotti, sono i peggiori. Se non gli facevi il piacere che ti chiedevano ti sfasciavano le piazze di spaccio». Insomma, Carra da un lato avrebbe tratto un indubbio profitto da quell’amicizia, cioè continuare a fare il camorrista, ma dall’altro lato si sarebbe sentito costantemente sotto scacco. Stando a quanto riferito gli inquirenti della Dda, l’appuntato avrebbe, tra le varie “richieste”, preteso anche il pagamento di almeno cinque cene in un noto ristorante di via Napoli.

In foto: la caserma che ospita la compagnia di Bagnoli; nei riquadri il pentito Gennaro Carra e il carabiniere arrestato Mario Cinque

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