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«Paga o ci prendiamo il bar» Arrestati gli altri tre aguzzini

«Paga o ci prendiamo il bar» Arrestati gli altri tre aguzzini

Dentro Pino Romano e due esponenti della famiglia Scognamiglio. Estorsione da 125mila euro a Scampia, svolta nelle indagini

NAPOLI. Raid estorsivo a Scampia, il cerchio delle indagini si chiude a tempo record. Dopo i primi due arresti in flagranza scattati per Salvatore Ronga e Luca Isaia, la tegola giudiziaria è arrivata ieri anche per gli altri tre indagati che avrebbero preso parte alle “spedizioni” ai danni del bar “Caffè Europa”. Il gip ha infatti disposto la custodia cautelare in carcere, oltre che per i primi due fermati, anche per Pasquale Scognamiglio, Giovanni Scognamiglio e Giuseppe Romano. Dopo il pronunciamento del gip, gli uomini della polizia di Stato, già nella prima serata di ieri, hanno dunque prelevato i tre che erano rimasti ancora a piede libero per rinchiuderli a Secondigliano. Della vicenda il nostro giornale aveva già fornito alcune anticipazioni e gli ulteriori sviluppi non si sono fatti attendere. Il gruppo di “abbasc Miano” torna a mostrare i muscoli dopo il recente azzeramento del rivale clan Cifrone. Sarebbe questo il contesto nel quale quattro giorni fa è maturata la cattura di Luca Isaia, 40 anni, e Salvatore Ronga, 38 anni, arrestati in flagranza di reato con l’accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo e dalla finalità mafiosa.

Dalla richiesta di convalida avanzata dal pubblico ministero si scopre però che nel raid sono state coinvolte anche altre tre persone: Giuseppe Romano, 41 anni, Pasquale Scognamiglio, 53 anni, e Giovanni Scognamiglio, 29 anni. Dal documento emerge poi un’ulteriore serie di inediti dettagli, a partire dell’obiettivo della spedizione estorsiva: il bar “Caffè Europa” di via Napoli Roma verso Scampia. Tra l’altro è proprio grazie alla testimonianza del titolare dell’attività che le indagini sono arrivate a una svolta. Dalla lettura dei capi di imputazione si apprende infatti che il commando avrebbe preteso del commerciante la consegna di 125mila euro, suddivisa in rate da 5mila euro mensili, quale presunto residuo di un prestito di natura usuraria che il barista e la madre avevano contratto alcuni anni fa con l’indagato Giuseppe Romano.

Quella che ne è scaturita è stata un’inscalabile montagna di debiti, alla quale hanno presto seguito diverse minacce, andate avanti a ritmo martellante dal 29 luglio fino al 7 agosto scorsi. Se dell’ultimo “blitz” si sono resi protagonisti Ronga (difeso dall’avvocato Rocco Maria Spina) e Isaia (difeso Carlo Ercolino), nella prima occasione sarebbero stati invece “Pino” Romano e un cugino a presentarsi nel bar di Scampia, intimando al titolare di consegnare la cifra arretrata. In caso contrario sarebbe stato «massacrato di botte» e avrebbe «venduto il bar per finanziare la guerra e comprare le armi necessarie». Il tutto in presenza di altri quattro complici ad oggi non ancora identificati. Il giorno successivo Romano, stavolta con Scognamiglio senior, torna alla carica e stabilisce che il debito doveva essere saldato in rate da 5mila euro mensili: se il commerciante non avesse pagato sarebbe subentrato come socio occulto del bar. Proprio in questo frangente emerge una circostanza singolare: la vittima spiega ai suoi aguzzini che parte del debito iniziale era già stata versata al gruppo Cifrone capeggiato dai cugini Gaetano e Luigi. Romano non vuole però sentir ragioni e precisa che «ormai i Cifrone non contano più nulla» e che in zona adesso comandavano loro. Aggressioni e minacce erano però tutt’altro che finite. L’incubo è infatti proseguito anche nei giorni a seguire, con tanto di convocazione al cospetto del capozona e di avvertimenti rivolti alla madre del commerciante. In sede di denuncia il barista ha messo a verbale un riferimento che potrebbe rivelarsi molto utile per capire la collocazione criminale degli indagati: «Da quel momento a casa di mia madre si presentava regolarmente Romano con altre persone che non conoscevo, minacciandomi». Un incubo che finalmente sembra essere finito

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