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Arresto Imperiale, il giallo delle impronte digitali

Arresto Imperiale, il giallo delle impronte digitali

NAPOLI. Raffaele Imperiale ha perso la dorata libertà di cui godeva dal 2016 il 4 agosto scorso, ma inquirenti e investigatori napoletani hanno avuto la certezza che fosse proprio lui l’arrestato a Dubai soltanto 7 giorni dopo. Nonostante le insistenze infatti, le autorità degli Emirati arabi hanno tardato a inviare gli esami dattiscolopici, ma alla fine negli uffici della Squadra mobile di Napoli e del Gico della Guardia di Finanza hanno potuto esultare. Ci speravano sempre, però il tempo passava e il 46enne principe del narcotraffico originario di Castellammare di Stabia continuava a godersela alla faccia della legge.

L’arresto di Raffaele Imperiale a Dubai non è piovuto dal cielo. Né le autorità arabe improvvisamente hanno deciso di fare un regalo all’Italia. Il blitz è frutto di un paziente lavorio a livello diplomatico e politico, con il contorno dell’intelligenze che lavora all’estero. Il tutto partito da Napoli, dove i funzionari della Narcotici della Mobile e gli specialisti del Gico più volte si sono riuniti per fare il punto della situazione e studiare le mosse giuste per ottenere il risultato. Un’intensa attività di cooperazione internazionale giudiziaria e di polizia svolta dal ministero di Giustizia, dal Servizio per la cooperazione internazionale di Polizia, anche attraverso le agenzie di Interpol ed Europol. Nato a Castellammare di Stabia il 24 ottobre 1974, Raffaele Imperiale è stato capace di costruire un imponente network di trafficanti internazionali, in particolare di cocaina.

L’attività di brokeraggio internazionale e il rapporto d’affari con la criminalità organizzata partenopea si sono palesati nella prima decade del 2000, quando gli inquirenti hanno documentato i suoi contatti con camorristi dell’allora unito clan Di Lauro di Secondigliano, tra cui Elio Amato e Antonio Orefice. Un legame sopravvissuto alla scissione del 2004. Nel corso degli anni sono stati numerosi gli arresti ed i sequestri che hanno colpito l’organizzazione di Raffaele Imperiale, che però non ha a carico nessuna condanna definitiva: il maxi-sequestro di 1.330 chili di cocaina a Parigi il 20 settembre 2013, quando nell’occasione fu arrestato il fedelissimo Vincenzo Aprea, al quale era stato affidato il compito di sovrintendere all’importazione dello stupefacente proveniente con volo di linea Air France da Caracas in Venezuela. Il patrimonio illecitamente accumulato gli ha permesso di acquistare sul mercato nero 2 dipinti di Van Gogh di valore inestimabile, rubati nel 2002 ad Amsterdam in Olanda, nel museo dedicato e intitolato all’artista, e ritrovati dalle Fiamme Gialle in una vecchia villa a Castellamare di Stabia nel 2016. Nel 2021 asserì in un’intervista al “Mattino”, attraverso il suo avvocato, di aver comprato i preziosissimi quadri perché appassionato di arte.

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