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Le vecchie arti partenopee nel mondo del futuro

Le vecchie arti partenopee nel mondo del futuro

Mostra e convegno

NAPOLI – Come hanno risposto le vecchie arti partenopee, quelle che hanno lanciato nel mondo la storia e la tradizione della città, alla “sfida” delle nuove tecnologie? È uno dei temi del convegno “Fatti ad Arte, una ricerca in mostra” che si è tenuto ieri nello spazio Nea di piazza Bellini. Il convegno – a cui hanno partecipato giornalisti ed esponenti del mondo accademico – ha presentato l’esposizione multimediale “Fatti ad arte – una ricerca in mostra. Liutai, orafi e presepai del centro storico di Napoli”, curata dalla facoltà di Sociologia dell’ateneo Federiciano e che sarà aperta al pubblico fino al 28 aprile presso i locali della Biblioteca BRAU. Importanti gli spunti emersi dallo studio degli agguerriti sociologi della Federico II. A cominciare proprio dagli antichi mestieri napoletani che hanno reagito alla sfida della tecnologia adeguandosi e, in qualche caso, sfruttandone le potenzialità per “rinverdirsi”. «E’ il caso degli orafi – spiega la dottoressa Barbara Saracino, coordinatrice delle attività di ricerca – che hanno imparato ad utilizzare le tecnologie in 3d per la creazione dei loro modelli. La nostra ricerca ha fatto emergere dati importanti circa le potenzialità degli antichi mestieri partenopei. Non è vero – prosegue Barbara Saracino – che i mestieri antichi stanno morendo per colpa del mercato quanto, piuttosto, a causa della mancanza di interesse nei giovani». Alla mostra-studio sociologico sono presenti video e foto che ritraggono gli artigiani all’opera: «I video rispondono ad una logica etnografica, quella cioè di restituire allo spettatore le impressioni e le immagini reali che abbiamo percepito entrando in quei laboratori  dove il tempo, a un primo sguardo, sembra essersi fermato – spiega la giornalista Emanuela Vernetti – per questo abbiamo cercato di realizzare dei video “essenziali”, per restituire quelle immagini senza filtri:  le voci degli artigiani si susseguono una dietro l’altra, come un dialogo tra loro, i  volti sono in primo piano così da non far perdere nemmeno un’espressione, perché sono proprio queste sfumature che ci hanno portato a capire il senso e le evoluzione di questi mestieri».

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