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«Al killer 2mila euro al mese»

«Al killer 2mila euro al mese»

NAPOLI. Anche l’ex clan Lo Russo, tra i più ricchi nel panorama camorristico napoletano, applicò la spending review nel pagamento delle “mesate” agli affiliati. Almeno questo emerge dalle dichiarazioni del pentito Emanuele Ferrara, poi transitato nelle file dei D’Ausilio di Bagnoli, a proposito di Vincenzo Bonavolta detto “Cenzore”: “veniva pagato 2.000 euro al mese solo per fare il killer”. Una somma, che se veramente fosse stata tale, inferiore agli stipendi di altre epoche di malavita organizzata. Ma è risaputo che la crisi economica e i colpi inferti dagli inquirenti hanno provocato un calo del fatturato complessivo in tutte le cosche partenopee. Tant’è vero che chi traffica droga, con nessun rischio di prendersi l’ergastolo, attualmente porterebbe a casa al massimo 1.500 euro. Naturalmente il discorso è diverso per i capi. Emanuele Ferrara ha parlato di Vincenzo Bonavolta a proposito del duplice omicidio Scognamiglio-Paolillo, per il quale “Cenzore” ricevette dietro le sbarre un’ordinanza di custodia cautelare quale presunto esecutore materiale.

A sorpresa il collaboratore di giustizia rivelò, fermo restando ottenere riscontri certi su argomenti simili è difficile, che “Antonio Lo Russo impose che Enzo venisse mantenuto con uno stipendio fisso di 2.000 euro al mese e utilizzato solo per gli omicidi. Enzo è un killer spietato e pericoloso, lo conosco bene e dico che non si metterebbe paura neanche di entrare in questura per uccidere qualcuno. Non ha paura di nulla e lo reputo molto pericoloso”. Emanuele Ferrara, originario di Chiaiano, ha vissuto sul campo le prime guerre di camorra nella zona nord di Napoli e poi decise di trasferirsi a Bagnoli per entrare nel clan D’Ausilio, fino a quando fu arrestato per aver partecipato a un omicidio e decise di passare dalla parte dello Stato. È ritenuto affidabile ma nel caso del duplice omicidio di salvatore Scognamiglio e Salvatore Paolillo ha riferito notizie apprese “de relato”.

Comunque non è stato l’unico a parlare del clamoroso agguato nel circolo ricreativo che pose fine alla sanguoinosa scissione interna al clan Lo Russo. Le dichiarazioni di Emanuele Ferrara, come quelle di tutti i collaboratori di giustizia, necessitano di riscontri e non è sempre è possibile acquisirle. Sicuramente lui ha riferito circostanze che anche a livello investigativo l’anticamorra sa già da tempo: l’epoca delle vacche grasse è finita e ne sono la prova proprio i clan diSecondigliano e Scampia a cominciare dai Di Lauro, che solo recentemente hanno riguadagnato posizioni importanti, e gli Amato-Pagano, che hanno dovuto rinunciare al dominio sulla periferia nord di Napoli per concentrare gli affari a Melito e a Mugnano. Ciò sta succedendo perché i colpi inferti negli ultimi anni alla camorra sono stati notevoli, soprattutto sul versante dei sequestri di beni: un’attività che nella lotta alla mafia fu individuata da Giovanni Falcone come primaria e che anche in Campania come in Sicilia è stata sempre più intensificata.

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