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21 Settembre 2021 - 08:01
È caccia ai complici che gli hanno recapitato l’arma utilizzando un drone..Far West nell’Alta sicurezza, Alessio Peluso accusato di tentato omicidio
NAPOLI. Nonostante la giovane età si è già guadagnato sul campo i galloni di malavitoso di rango. Alessio Peluso, 28 anni compiuti a marzo scorso, in passato è stato inquadrato come uno degli emergenti ras del clan Lo Russo di Miano. “Qualifica” che, tornato in seguito a piede libero, avrebbe poi confermato anche all’interno del nuovo gruppo Balzano. Riarrestato e più volte condannato - l’ultima pena, pochi mesi fa, a quasi undici anni di reclusione - sembra proprio che Peluso, alias “‘o nir”, non riesca a tenersi lontano dai guai. È lui, infatti, il responsabile dell’assurda sparatoria avvenuta domenica pomeriggio nel reparto di Alta sicurezza del carcere di Frosinone. Pesante l’accusa di cui Peluso dovrà adesso rispondere: tentato omicidio per avere sparato nei confronti di altri tre detenuti, due napoletani e un albanese.
I colpi partiti da una calibro 765 matricola abrasa ed entrata nel penitenziario di via Cerreto con l’ausilio di un drone, hanno colpito alla coscia uno dei due campani. Gli altri sono riusciti invece a schivare i colpi. Le indagini sul gravissimo episodio sono portate avanti dal magistrato Adolfo Coletta della Procura di Frosinone e dagli investigatori della Squadra mobile. Il detenuto è stato intanto trasferito in un altro istituto di pena, mentre la posizione degli altri ristretti coinvolti nella vicenda è ancora al vaglio dei pm e della direzione del carcere. «Aspettava l’arrivo di questo drone con cui gli è stata consegnata una pistola con matricola abrasa, di chiara provenienza illegale. E una volta prelevata la pistola dalla sua finestra ha chiesto di andare in doccia», riferisce il provveditore delle Carceri del Lazio Carmelo Cantone parlando del detenuto al centro del caso, che era separato dal resto della popolazione per motivi disciplinari.
Nel corridoio ha puntato l’arma contro l’operatore penitenziario «che, da solo, in modo molto professionale, ha cercato di fronteggiare una situazione eccezionale che non si verificava da decenni nelle carceri». Strappate dalla cintura del poliziotto le chiavi delle celle, il detenuto non le ha utilizzate, ma «ha sparato in ogni stanza dove c’erano degli altri detenuti con cui aveva avuto divergenze», racconta Cantone confermando che da loro «era stato picchiato». «Se si tratta di colpi dimostrativi o se voleva effettivamente colpire qualcuno, questo tocca agli inquirenti stabilirlo», aggiunge precisando che «nessuno è rimasto ferito». Cantone conferma che il detenuto era in possesso anche di un cellulare. «Non sappiamo come è entrato in carcere e lui non ce lo dirà. Si era già rifiutato di dirci come era entrato in possesso del l’arma, ma dalle immagini delle telecamere, si è visto il momento in cui lui preleva l’arma attraverso la finestra». Il drone era stato comunque già avvistato «fuori dai reparti e immediatamente erano state fatte le segnalazioni alla forza di polizia all’esterno, tant’è che è intervenuta subito una pattuglia». Il caso non è dunque chiuso. Resta infatti da capire chi sia stato ad armare la mano di peluso con quell’ingegnoso escamotage.
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