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Sparatoria dietro le sbarre, il ras Peluso adesso rischia

Sparatoria dietro le sbarre, il ras Peluso adesso rischia

Al setaccio il telefonino sequestrato, è caccia al fornitore della pistola.Trasferito a Rebibbia, ipotesi 41bis per il capozona di Miano

NAPOLI. Far West nel carcere di Frosinone, arriva la prima tegola per il ras pistolero Alessio Peluso, resosi protagonista venerdì scorso di una clamorosa sparatoria ai danni di altri tre detenuti. Il capozona di Miano è stato trasferito nella casa circondariale di Rebibbia, dove rimarrà in stato di isolamento fino alle nuove disposizioni del giudice e del ministero. Il 28enne del clan Balzano, che si trovava già all’Alta sicurezza, rischia adesso di andare incontro a un regime detentivo ancora più severo: il carcere duro. Le indagini sul caso sono intanto ancora in corso e, stando a quanto emerso dalle prime battute dell’inchiesta, il raid sarebbe stato scaturito da un contrasto di natura personale intercorso tra Peluso e i tre rivali. Perde dunque quota, almeno per il momento, la pista che sembrava condurre a un regolamento di conti tra le cosche della periferia nord di Napoli. Al netto del movente, resta poi da capire chi abbia armato la mano del 28enne ras.

La pistola utilizzata per far fuoco è stata infatti recapitata a “’o nir” con un drone: un espediente a dir ingegnoso, sul quale gli inquirenti vogliono però adesso vederci chiaro. Peluso era del resto in possesso di un telefonino dotato di sim e proprio grazie a quel dispositivo ha avuto modo di contattare senza grossi problemi il proprio fornitore. Il cellulare è stato sequestrato, mentre la scheda è andata distrutta nel momento in cui Peluso l’ha ingerita: dall’analisi del dispositivo e delle celle telefoniche presenti in zona potrebbero dunque emergere ulteriori elementi utili allo sviluppo dell’inchiesta. Gli inquirenti sono comunque certi che la pistola sia partita da Napoli e il drone sia stato poi caricato in una zona non distante dal penitenziario: per questo motivo sono state acquisite le immagini registrate da alcune telecamere della zona che potrebbero aver inquadrato il momento esatto in cui il “corriere” è arrivato nei dintorni dell’istituto. Pesante l’accusa di cui Peluso dovrà adesso rispondere: triplice tentato omicidio per avere sparato nei confronti di altrettanti detenuti, due napoletani e un albanese. I colpi partiti da una calibro 765 matricola abrasa ed entrata nel penitenziario di via Cerreto con l’ausilio di un drone, hanno colpito alla coscia uno dei due campani. Gli altri sono riusciti invece a schivare i colpi. Le indagini sul gravissimo episodio sono portate avanti dal magistrato Adolfo Coletta della Procura di Frosinone e dagli investigatori della Squadra mobile locale. Peluso è stato intanto trasferito a Rebibbia, mentre la posizione degli altri ristretti coinvolti nella vicenda è ancora al vaglio dei pm e della direzione del carcere. «Aspettava l’arrivo di questo drone con cui gli è stata consegnata una pistola con matricola abrasa, di chiara provenienza illegale.

E una volta prelevata la pistola dalla sua finestra ha chiesto di andare in doccia», aveva riferito il provveditore delle Carceri del Lazio Carmelo Cantone parlando del detenuto al centro del caso, che era separato dal resto della popolazione per motivi disciplinari. Nel corridoio ha puntato l’arma contro l’operatore penitenziario «che, da solo, in modo molto professionale, ha cercato di fronteggiare una ituazione eccezionale che non si verificava da decenni nelle carceri ». Strappate dalla cintura del poliziotto le chiavi delle celle, il detenuto non le ha utilizzate, ma «ha sparato in ogni stanza dove c’erano degli altri detenuti con cui aveva avuto divergenze». Le vittime designate sono però riuscite a sottrarsi alla furia omicida di “’o nir” nascondendosi nei bagni prima che fosse troppo tardi.

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