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29 Settembre 2021 - 07:58
Il neo pentito rivela: «I Cutolo e i Sorianiello ci fornivano la droga».Alessandro De Falco: «Volevano uccidermi, così sono passato ai D’Ausilio»
NAPOLI. Il suo nome è balzato negli ultimi mesi alla ribalta della cronaca nera in quanto affiliato e killer del clan D’Ausilio di Bagnoli. In realtà la descrizione della sua appartenenza alla cosca fondata da “Mimì ’o sfregiato”, soprattutto dopo la sua decisione di passare dalla parte dello Stato, rischia di essere soltanto la punta dell’iceberg. Il neo pentito Alessandro De Falco ha infatti deciso di svelare anche i suoi rapporti con il temibile clan Giannelli, il gruppo di Cavalleggeri d’Aosta che l’ha introdotto negli ambienti di mala. Quella che ne viene fuori è una nuova sfilza di nomi e accuse, con la rivelazione di un inedito retroscena: i Giannelli, con la complicità dei Mele di Pianura, erano pronti ad assassinare De Falco, che proprio per questo motivo si sarebbe poi “girato” con i rivali del clan D’Ausilio.
È il 13 aprile scorso quando il 30enne De Falco, dopo pentitosi dopo l’arresto per l’omicidio del parcheggiatore Gaetano Arrigo, rende agli inquirenti dalla Dda un lungo e circostanziato interrogatorio: «Del clan Giannelli - ha messo a verbale - facevano parte con me Salvatore Brandi, Maurizio Bitonto, Gennaro Marrazzo, Ciro Di Matteo, Roberto Pinto, Angelo Pinto, Salvatore Festa, Salvatore Romano e Salvatore Lenci, il quale si occupava materialmente di fornire casa e mezzi di sussistenza ad Alessandro Giannelli durante la sua latitanza, che è durata dal novembre 2015 al febbraio 2016.
Lo stesso è stato in una casa ad Agnano, dove viveva con la sua ex fidanzata». Messo nero su bianco l’elenco di presunti affiliati, il collaboratore di giustizia è quindi entrato nel merito del proprio ruolo: «Con Giannelli mi occupavo sia delle estorsioni, che andavo a fare da solo, e per un periodo di tempo insieme a Roberto Pinto mi occupavo anche della piazza di spaccio di Cavalleggeri. Ero io che la rifornivo, per cui quando dovevamo approvvigionarci di erba andavo alla “44” e quando si trattava di cocaina alla “99”. Con noi a occuparci delle piazze c’era anche Maurizio Bitonto». A un certo punto il rapporto tra il giovane ras e l’affermato boss è però entrato in rotta di collisione: «Giannelli - ha spiegato De Falco - si era insospettito che io trattenessi droga e soldi piuttosto che versarli nelle casse del clan, tramite Gianluca Noto passai al gruppo di Antonio D’Ausilio, che mi fu presentato da Noto». Il pentito, sul punto, riferisce di essere stato anche “avvicinato” da alcuni esponenti della mala pianurese, in affari con i Giannelli, e di aver temuto per la propria incolumità: «Sono passato ai D’Ausilio perché Salvatore Romano e Vincenzo Mele sono venuti e volevano uccidere me eDiego Iuliano. Dissero che quella sera dovevano andare a Pianura per un’imbasciata. Chiamai Lello Mosella e Aniello Mosella e andammo a casa di Gino Bitonto (Luigi “provolino”, ndr) e disse che non poteva farci niente e che anche a lui avevano sparato contro la finestra. Passata Pasqua sono venuti un’altra volta, ho visto da lontano e me ne sono scappato da D’Ausilio». E ore entrambe le cosche sono all’angolo.
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