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Ucciso a 2 anni dalla mamma, il papà: «Durante la gravidanza si tirava pugni in pancia, voleva dargli fuoco»

Ucciso a 2 anni dalla mamma, il papà: «Durante la gravidanza si tirava pugni in pancia, voleva dargli fuoco»

«Alex era il mio angelo. L’ho amato più di tutto. Era un ragazzino sveglio, carino che amava la vita. Lo volevo accanto. Non potrò mai perdonare Catherine per quello che ha fatto».

 Norbert Juhász non ha più lacrime, è sfinito dal dolore da quando venerdì la tragedia si è abbattuta sulla vita via whatsapp.

Poco prima delle 15 gli è stato inviata la foto del figlioletto di appena due anni coperto di sangue: il volto imbrattato, il collo devastato. "Nessuno lo avrà, c’era scritto nel messaggio che l’accompagnava - racconta ora Norbert a ’La Nazione’ - La madre lo ha inviato all’altro suo figlio (un ragazzo di 18 anni avuto da una precedente relazione, ndr) e lui lo ha inoltrato a me. Ho sperato che quella foto fosse falsa. Sono andato subito alla polizia".

Secondo il padre, subito dopo, Catherine avrebbe chiamato una conoscenza comune e, di fatto, avrebbe confessato. Conversazione che sarebbe stata registrata. E che potrebbe adesso essere vagliata dalla procura di Perugia che ha già preso contatti con il padre e il suo legale.

 

Un quadro agghiacciante

Il delitto atroce di un bambino che ha il sapore amaro di una folle vendetta e di una morte annunciata che sarebbe potuta essere evitata. Perchè nella lunga battaglia per la custodia del piccolo assassinato venerdì a Po’ Bandino e poi deposto dalla madre sul nastro trasportatore della cassa di un supermercato, il padre ritiene che non si sia data la giusta rilevanza ad alcuni segnali nel comportamento di Erzsebet Katalin Bradacs, ballerina di 44 anni, che secondo le autorità di Budapest avrebbe dovuto consegnare al padre il piccolo già dal 23 settembre.

Ma ciononostante era in Italia. Sarebbe fuggita, raggiungendo Umbria e Toscana dove la sera prima della morte del piccolo i carabinieri di Chiusi l’avevano fermata trovandole in borsa un coltello, poi sequestrato. "La madre aveva anche minacciato di dare fuoco al bambino - racconta ancora il padre dall’Ungheria - e nonostante ciò non hanno fatto nulla. T

utti vedevano come non fosse assolutamente adatta a crescere un figlio ma non le è stato tolto". La donna che ora si trova in carcere indagata per omicidio volontario aggravato non ha confessato il delitto ma ha fornito, nel corso delle ore, versioni che gli inquirenti non ritengono attendibili.

 

 

In un'intervista al Messagero parla il padre Norbert.

Come sta prima di tutto?

«Molto male. Alex era il piccolo tesoro di papà». Secondo il gip che ieri ha convalidato il fermo per i gravi indizi di colpevolezza, Katalina resta in carcere perché «socialmente pericolosa».

Le sue ex colleghe ricordano come avesse problemi psichici almeno dal 2016. Come è possibile che Alex fosse con lei?

«Era già accaduto con il suo figlio maggiore, che però nel 2014 è stato portato via. Con Alex, l’affidamento era comune, ma sfortunatamente non ha mai davvero assicurato il contatto. Lei non me lo faceva vedere. E con lui era cattiva».

 

Aveva già mostrato di essere violenta nei suoi confronti?

 

«Sì, in gravidanza si tirava pugni in pancia. Ha minacciato di dargli fuoco. Solo per questo avrebbero già dovuto toglierlo a lei. E io ora ho perso il mio tesoro».

Ha qualche dubbio che possa essere davvero stata lei? Davanti al giudice si è avvalsa della facoltà di non rispondere, ma ha dichiarato di essere innocente. Che lei non ha davvero ottenuto l’affidamento e che con Alex era in Italia solo in vacanza.

«Ce l’ha fatta. Ha minacciato da tempo che avrebbe messo un punto, alla fine. Ha chiamato il suo altro figlio 18enne inviandogli una foto. Lui ha registrato la chiamata ed è andato alla polizia con quella foto. È stato orribile. In quello scatto Alex aveva la maglietta piena di sangue. E quegli occhi chiusi».

A che ora ha chiamato Katalina?

«La prima volta ha chiamato me il 30 settembre. Mi ha chiesto soldi, dicendo di essere in Ungheria, ma non era vero. Non diceva la verità. E io non glieli ho dati. Poi ha chiamato il figlio il primo ottobre, ha mandato quella foto, verso le dodici».

Katalina è entrata nel supermercato intorno alle tre del pomeriggio, quindi la chiamata è di tre ore prima. L’autopsia ieri non ha ancora chiarito l’ora della morte.

«Alex non era più vivo a quell’ora».

Lei pensa che questo fosse il suo piano fin dall’inizio?

«Sì. E lo ha eseguito brutalmente. È stato orribile».

E ora cosa farà? Gli inquirenti probabilmente vorrebbero sentire anche la sua versione.

«Spero di non dover venire in Italia. Voglio solo riportare il corpicino del mio Alex in Ungheria».

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