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13 Ottobre 2021 - 07:00
I familiari di Antonio Alfieri chiedono giustizia, attesa per l’esito dell’autopsia.Fascicolo a carico di ignoti: gli inquirenti ipotizzano l’omicidio colposo
NAPOLI. La morte di Antonio Alfieri avvenuta nel carcere di Poggioreale lo scorso fine settimana potrebbe non essere stata una mera, tragica fatalità. All’indomani della diffusione della notizia della scomparsa del 51enne di Pianura, arrestato a marzo per armi, la Procura di Napoli ha aperto un fascicolo di inchiesta a carico di ignoti: due le ipotesi di reato al momento ipotizzate, omicidio colposo e responsabilità colposa per morte in ambito sanitario. Evidente l’intento degli inquirenti: ripercorrere a ritroso la catena delle eventuali responsabilità al fine di accertare l’eventuale coinvolgimenti di altri soggetti nella drammatica vicenda. Intanto i familiari del detenuto, assistiti dall’avvocato Luca Mottola, chiedono con urgenza e disperazione che sull’accaduto venga fatta al più presto chiarezza.
Proprio in quest’ottica domani mattina sarà conferito l’incarico al consulente di parte che assisterà all’esame autoptico sulla salma. Sarà dunque la magistratura a fare luce su eventuali omissioni o responsabilità e sulle cause del decesso del detenuto Antonio Alfieri, morto venerdì al pronto soccorso dell’ospedale Cardarelli. Sulla vicenda è intanto intervenuto ieri il garante regionale dei detenuti, Samuele Ciambriello, il quale ha ricevuto nel suo ufficio Luca Mottola, il legale della famiglia Alfieri, avvertita della morte del loro congiunto solo quattro giorni dopo il tragico evento. Secondo il racconto reso da Mottola al garante, lo scorso venerdì il legale ha effettuato ordinaria prenotazione del colloquio con il detenuto e lunedì, una volta recatosi in carcere, gli è stato comunicato il decesso dell’assistito. Appena uscito dal carcere ha poi appreso che anche i familiari del detenuto erano stati appena avvisati dai carabinieri del tragico evento «Ancora una volta - commenta Ciambriello - a morire è un tossicodipendente, al quale il Serd di Poggioreale aveva trovato una comunità fuori regione, a Taranto, ma il magistrato competente aveva rigettato per due volte l’istanza di arresti domiciliari».
L’arresto di Alfieri risale alla fine di marzo, quando nella sua abitazione vennero ritrovate alcune armi. Due pistole nascoste in una cantinola trasformata in appartamento e così il controllo antiabusivismo per Antonio Alfieri, napoletano di Pianura già conosciuto dalle forze dell’ordine, ha avuto conseguenze ben peggiori della denuncia per l’illecito edilizio: le manette e il trasferimento nel carcere di Poggioreale. L’operazione ha avuto come location lo stabile di via Artemisia Gentileschi in cui abita anche Carlo Esposito, ben più noto agli investigatori e ritenuto vicino agli ambienti del gruppo Calone. Ma l’unico responsabile delle violazioni era stato ritenuto l’allora 50enne bloccato e dichiarato in arresto nell’abitazione alla fine dei controlli. Per gli investigatori della polizia, artefici della scoperta delle armi, il ritrovamento era la spia che la pace di camorra non impedisce alle fazioni di curare l’arsenale per non farlo trovare vuoto all’occorrenza. In seguito Alfieri è stato condannato a tre anni e quattro mesi.
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