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19 Ottobre 2021 - 07:00
Faida di Forcella, l’unico condannato per il raid è il ras pentito: incassa 6 anni. Scagionato il “rampollo” Raffaele: non ha sparato ad Alessandro Riccio
NAPOLI. L’ex ras della Maddalena non convince e le sue recenti, pesantissime accuse lanciate nei confronti del figlio, da lui indicato come uno dei responsabili del tentanto omicidio di Alessandro Riccio, finiscono per sciogliersi come neve al sole. Il processo di primo grado che ha visto alla sbarra il “rampollo” Raffaele, difeso dall’avvocato Roberto Saccomanno, si è infatti concluso ieri con una clamorosa assoluzione. Un verdetto, quello pronunciato dal gip Bardi, che ha lasciato di sasso la pubblica accusa: il pm Woodcock aveva infatti invocato ben 15 anni di reclusione per il presunto sicario. L’unico condannato è stato invece proprio l’ex boss Vincenzo Amirante, che ha rimediato sei anni di carcere. Il delitto che ha portato alla sbarra Raffaele Amirante - che comunque ha affrontato il rito abbreviato a piede libero - risale al 27 marzo 2015, l’ultimo sanguinoso capitolo della faida di Forcella. Stando alla ricostruzione dell’accusa, quel giorno Riccio e Manuel Brunetti si erano appostati in largo Donnaregina, sotto casa di Salvatore De Magistris, con l’obiettivo di assassinare proprio Vincenzo Amirante.
Quest’ultimo, raggiungendo l’abitazione di De Magistris, si sarebbe avrebbe però accorto della presenza del commando e, dopo essersi affacciato al balcone posto al terzo piano, avrebbe attirato l’attenzione dei due sicari grazie alla complicità del figlio. Riccio e Brunetti, resisi conto di essere stati ormai scoperti, hanno dunque fatto fuoco verso l’appartamento esplodendo nove colpi di pistola. Gabriele Iuliano, altro uomo del gruppo Amirante e anch’egli presente sulla scena, avrebbe a quel punto risposto centrando Riccio al gluteo. Di lì a pochi secondi il commando si è dileguato e una manciata di ore dopo i carabinieri, sulla scorta delle informazioni fornite da una fonte confidenziale, si sono presentati in casa di De Magistris. Sottoposti all’esame dello Stube, i due Amirante risultano positivi - alcune particelle di polvere da sparo erano presenti nelle loro narici - mentre l’esame su Iuliano dà esito negativo.
Nei mesi successivi, cioè dopo la sua decisione di collaborare con la giustizia, sarà proprio Vincenzo Amirante a ricostruire quei minuti di puro Far West. Caso chiuso, dunque? Neanche per sogno. Il clamoroso colpo di scena ha preso forma ieri mattina al termine dell’udienza conclusiva del processo di primo grado celebrato con il rito abbreviato. Nonostante le circostanziate dichiarazioni sulla vicenda rese dall’ex boss della Maddalena, il gip ha dato pieno accoglimento alle argomentazioni difensive dell’avvocato Saccomanno, disponendo l’assoluzione di Raffaele Amirante, per il quale erano stati chiesi 15 anni di reclusione. Le motivazioni saranno depositate nelle prossime settimane, ma il “rampollo” potrebbe essere stato scagionato per via dell’assenza di un riscontro individualizzante alle accuse di Amirante senior. Non è neppure da escludere che il gip abbia inquadrato la sua presenza sulla scena del crimine come “connivenza non punibile”.
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