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Clan Moccia, venti condanne

Clan Moccia, venti condanne

NAPOLI. Scacco ai “senatori” del clan Moccia. Dopo la stangata rimediata nel rito abbreviato, ieri pomeriggio si è concluso il processo d’appello che ha visto alla sbarra gran parte della “cupola” della storica cosca con base ad Afragola e Casoria. Quella che ne è scaturita è stata una nuova sfilza di condanne, ben venti, per un totale di oltre 170 anni di carcere, di cui la più alta inflitta al ras Giuseppe Angelino. L’unica assoluzione è stata quella ottenuta da Maria Favella, difesa dagli avvocati Dario Vannetiello (nella foto) e Teresa Sorrentino: in primo grado la figlia del capoclan Francesco Favella era stata condannata a nove anni di reclusione in quanto ritenuta il tramite tra il padre detenuta e gli affiliati in libertà. Queste nel dettaglio le pene disposte dai giudici della quarta sezione della Corte d’appello di Napoli: Giuseppe Angelino, 22 anni in continuazione con altra sentenza; Luigi Belardo, 5 anni e 4 mesi; Mauro Bencivenga (difeso da Dario Carmine Procentese), 10 anni e 8 mesi a fronte dei precedenti 16 anni; Giovanni Castiello, 11 anni e 4 mesi in continuazione con altra sentenza; Alfredo Barile, 8 anni; Vincenzo Barra, 7 anni; Carmine Bello, 10 anni e 2 mesi; Anna Capone, 3 anni; Gioacchino Cennamo, 5 anni e 4 mesi; Giuseppe D’Ambrosio, 8 anni; Antonio Esposito, 6 anni e 8 mesi; Maria Favella, assolta; Sabato Felli, 5 anni; Luigi Ferraiuolo, 18 anni in continuazione con altra sentenza; Antonio Laurenza, 10 anni in continuazione con altra sentenza; Raffaele Nobile, 6 anni; Angelo Pezzullo, 12 anni in continuazione con altra sentenza; Corrado Polizzi (difeso dall’avvocato Gennaro Pecoraro), 9 anni e 4 mesi a fronte dei precedenti 14 anni; Luigi Rocco, 5 anni e 4 mesi; Giorgio Tranchino, 8 anni e 4 mesi; Bruno Tuccillo, 2 anni e 4 mesi. Al netto della consistenza delle condanne rimediate, tutti gli imputati hanno comunque ottenuto dei sostanziosi sconti di pena rispetto al verdetto di primo grado pronunciato dal gup nel 2019. Del collegio difensivo hanno fatto parte anche gli avvocati Claudio Davino e Vittorio Giaquinto. Le accuse contestate andavano dall’associazione mafiosa, alla detenzione di armi comuni e da guerra, estorsione e riciclaggio di ingenti somme di denaro. L’organizzazione è attiva da anni nei territori dei comuni di Afragola, Casoria, Arzano, Frattamaggiore, Frattaminore, Cardito, Crispano, Caivano e Acerra. Le indagini, che si sono avvalse del contributo di collaboratori di giustizia, ma anche su intercettazioni di colloqui in carcere che hanno portato al sequestro di manoscritti con cui i detenuti del clan comunicavano con l’esterno. Gli inquirenti hanno ricostruito, oltre al gruppo di vertice, anche quello dei cosiddetti “senatori”, indicati come affidatari delle direttive: Salvatore Caputo (deceduto), Domenico Liberti, Maria Luongo, Pasquale Puzio e Antonio Senese. Le indagini avevano portato alla luce anche i profondi contrasti esistenti tra alcuni dei “senatori” e hanno evidenziato il ruolo di primo piano assunto da Modestino Pellino, sorvegliato speciale domiciliato a Nettuno e ucciso il 24 luglio 2012, subordinato solo a quello del capo indiscusso Luigi Moccia.

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