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Terremoto a San Giovanni, scarcerato il ras fantasma

Terremoto a San Giovanni, scarcerato il ras fantasma

Ritenuto al vertice dei Formicola, era accusato di mafia e riciclaggio.Dopo l’ordinanza annullata, Giuseppe Savino va ai domiciliari

NAPOLI. Sulla sua testa pendevano ben tre ordinanze di custodia cautelare e, di conseguenza, la possibilità di andare incontro a una lunghissima detenzione. Nel giro di pochi mesi due di quei provvedimenti, tra cui quello per associazione mafiosa, sono stati però cancellati e Giuseppe Savino, imprenditore ed “eminenza grigia” ritenuta al vertice del clan Formicola di San Giovanni a Teduccio, ha lasciato a sorpresa il carcere. Il gip, accogliendo l’istanza dei suoi difensori, gli avvocati Leopoldo Perone e Antonio Rizzo, ha infatti deciso di concedere al 45enne presunto ras il beneficio degli arresti domiciliari nella sua città di origine. Il nome di Savino è balzato con prepotenza alla ribalta della cronaca l’estate scorsa, quando a inizio agosto è stato catturato a Civitavecchia con un rocambolesco blitz. L’imprenditore era infatti da qualche tempo ricercato dopo che il suo nome era comparso nell’elenco degli indagati coinvolti nell’ultima maxi-inchiesta che si è abbattuta sul clan Formicola di San Giovanni. Quel provvedimento è stato in seguito annullato dal Riesame, ma la posizione di Savino ha nel frattempo continuato ad aggravarsi. Il ras è stato infatti indagato anche per il suo presunto coinvolgimento nell’indagine che ha fatto luce sul giro di tangenti in Sma Campania e per il possesso di alcuni documenti falsi. Per la prima inchiesta Savino ha recentemente deciso di concordare la pena e proprio questa circostanza, grazie al precedente annullamento e al lavoro certosino dei suoi legali, ieri pomeriggio gli ha consentito di lasciare il carcere per andare agli arresti domiciliari. Imparentato con i Formicola e legato allo storico clan di San Giovanni a Teduccio alleato dei Mazzarella, ma soprattutto mente finanziaria capace di accumulare beni per 2 milioni e mezzo di euro.

Ecco il profilo di Giuseppe Savino, 45enne residente a Volla, unico latitante di spicco collega to alla criminalità organizzata del quartiere orientale di Napoli. È accusato di impiego di beni di provenienza illecita commesso per agevolare un’associazione camorristica, emissione di fatture per operazioni inesistenti e trasferimento fraudolento di valori. Tutto condensato in un’ordinanza di custodia cautelare che gli investigatori non avevano inizialmente potuto eseguire perché “Peppe” era sparito dalla circolazione. Mentre invece è subito andato in porto il sequestro a suo carico di immobili e valori mobili, notificato dai poliziotti della divisione amministrativa della questura alla moglie. Secondo l’accusa Giuseppe Savino agiva in combutta con altri due esponenti di primo piano della malavita di San Giovanni a Teduccio: i ras Salvatore Fido “’o chiò” e Maurizio Donadeo, i quali sono indagati a piede libero perché già in carcere per altre accuse. Per gli inquirenti della Dda, ferma restando la presunzione d’innocenza degli indagati fino all’eventuale condanna definitiva, in sette avevano attuato un complesso sistema per evadere le imposte, evitando che potessero essere individuati i proventi derivanti dalla vendita di carburanti. A ideare le complesse manovre finanziarie era Salvatore Abbate detto “Tore ’a cachera” e il sistema era simile a quello già scoperto altre volte in situazioni analoghe dai finanzieri. Una società “cartiera”, definita così perché fondata su carte e non su attività reali, provvedeva a emettere fatture per operazioni inesistenti sotto la regia di Giuseppe Auletta, considerato un prestanome di Savino.

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