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28 Ottobre 2021 - 07:00
Il clan del rione Fiat era accusato di aver massacrato una pusher per il pizzo.Terremoto al Riesame, scarcerati il reggente De Martino jr e i suoi uomini
NAPOLI. L’inchiesta che sembrava aver finalmente soffocato il fuoco dell’ultima faida di Ponticelli finisce per sgretolarsi davanti ai giudici del Riesame. Il tribunale delle Libertà, dando pieno accoglimento alle argomentazioni difensive, martedì sera ha del tutto annullato l’ordinanza di custodia cautelare eseguita a metà mese, rimettendo dunque a piede libero i sei presunti esponenti del clan degli “XX” del rione Fiat. Tra le scarcerazioni scattate spicca quella a dir poco eccellente del giovane Salvatore De Martino, fratello minore del boss detenuto Antonio, inquadrato come l’attuale reggente dell’organizzazione ormai da un anno impelagata in una guerra senza quartiere contro i rivali del cartello De Luca Bossa-Minichini-Casella. Oltre a De Martino jr (difeso dall’avvocato Stefano Sorrentino) lasciano il carcere anche Francesco Pignatiello (difeso sempre dall’avvocato Sorrentino insieme al collega Giacomo Pace), Patrizia Di Natale e Maria Pignatiello (difesi quest’ultimi dall’avvocato Giacomo Pace).
In precedenza già il gip, in sede di convalida del fermo, aveva concesso l’obbligo di firma a Fortuna Montagna e Pasquale Pignatiello. I giudice della decima sezione del Riesame hanno dunque accolto le argomentazioni difensive, secondo le quali non soltanto gli indizi di colpevolezza a carico degli indagati non sarebbero stati sufficientemente sostenuti dalle intercettazioni telefoniche e dalle dichiarazioni del pentito Rosario Rolletta (ritenute entrambe troppo generiche), ma anche in merito alle effettive esigenze cautelari sarebbero emerse diverse zone d’ombra, trattandosi di una contestazione piuttosto risalente nel tempo. Da qui la clamorosa decisione del Riesame di scarcerare tutti gli indagati ancora detenuti.
Stando alla ricostruzione degli inquirenti che hanno condotto le indagini, la spedizione punitiva sarebbe avvenuta il 17 novembre del 2019, quando il gruppo dei De Martino faceva ancora parte del più strutturato clan De Luca Bossa, lo stesso con il quale è ora in guerra. Al raid presero complessivamente parte tredici persone - alcune dunque non ancora identificate - le quali si sarebbero presentate nell’abitazione di Immacolata Coppola, spacciatrice di Cercola, e l’avrebbero colpita con calci e pugni al volto e al torace. L’aggressione non sarebbe però finita qui. Il commando si sarebbe infatti scagliato con inaudita violenza anche contro il marito della donna, Antonio Boccia, e la figlia minorenne che nel frattempo era intervenuta per difendere la madre. Stando alla ricostruzione accusatoria, l’intento del commando era quello di costringere Coppola, ritenuta la titolare di una piazza di spaccio a Cercola, «a corrispondere una somma di denaro non quantificata, quale quota spettante all’organizzazione di camorra alla quale appartenevano per lo svolgimento dell’attività, evento poi non verificatosi per cause indipendenti dalla loro volontà». La linea della Procura, dopo la convalida del fermo, non è però riuscita ad andare oltre il vaglio del Riesame
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