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10 Novembre 2021 - 07:00
La scoperta dopo una perquisizione nel penitenziario, quattro gli indagati.mini apparecchi erano dotati di schede sim, caricatori e batterie di riserva
NAPOLI. Le legge dei ras di Malanapoli continua a gettare scompiglio tra le carceri italiane. Dopo la recente sparatoria che a Frosinone ha visto protagonista Alessio Peluso, giovane esponente del clan Balzano di Miano, è stato registrato un altro inquietante episodio, stavolta nel penitenziario di Viterbo. A questo giro piombo e regolamenti di conti però non c’entrano: si tratta infatti di un importante sequestro di microtelefonini perfettamente funzionanti e dunque pronti all’uso. Di assoluto rilievo i nomi dei soggetti coinvolti nel blitz: tra i quattro indagati figurano infatti anche uno dei capizona della famiglia Giannone, storico gruppo satellite del clan Di Lauro di Secondigliano, e un rampollo del clan Contini. Il sequestro è scattato sabato sera al termine di una perquisizione mirata effettuata nei confronti di Gabriele Cipolloni, 40enne di Velletri, Massimo D’Agostino, 43enne di Torre Annunziata, Claudio Giannone, 41enne di Napoli, e Pietro Cerbone, 30enne di Napoli. I quattro indagati sono a vario titolo ritenuti responsabili del poscere di Viterbo di altrettanti microtelefonini dotati di tutto il necessario per il funzionamento: dunque schede sim, batterie di riserva e caricatori.
Le indagini sul caso sono ad ogni modo appena partite e la polizia penitenziaria sta cercando di capire in che modo i dispositivi siano arrivati fin dentro al penitenziario e, dunque, chi siano i fornitori che hanno aiutato i quattro detenuti. I diretti interessati, sul punto, non ha però fin qui profferito parola. Tutti loro, in caso di condanna, rischiano però di andare adesso incontro a una pena che potrebbe addirittura sfiorare i quattro anni di reclusione. Tra gli indagati spiccano sicuramente i napoletani Giannone e ilrampollo Cerbone. Il primo, coinvolto nel colossale blitz che nel 2013, con l’esecuzione di oltre centodieci arresti, ha messo alle corde il clan Di Lauro di cupa dell’Arco, è stato in seguito assolto dall’accusa di associazione mafiosa ma attualmente sta scontando un residuo di pena per armi. In particolare, Claudio Giannone è stato in passato inquadrato dagli inquirenti della Dda come il guardaspalle del defunto boss Giuseppe Pica, ucciso alcuni anni fa in un agguato di camorra.
Quanto a Cerbone, anche il suo è un profilo criminale di assoluto rilievo. Nipote del boss Nicola Rullo, esponente di spicco del clan Contini, nel maggio del 2017 il giovane è stato arrestato dopo un spericolato tentativo di fuga dalla polizia. Pochi minuti prima, infatti, Cerbone aveva compiuto una sparatoria a colpi di lupara in corso Garibaldi. Pochi istanti dopo il raid, i Falchi della Squadra mobile piombarono sulla scena e quello che ne scaturì fu un inseguimento a dir poco da brividi. Il tentativo di volatilizzarsi non andò comunque a buon fine e dopo una manciata di chilometri il pistolero in odore di clan venne bloccato e ammanettato. Per Giannone, Cerbone e gli altri due detenuti trovati con la mani nel sacco la permanenza in carcere rischia però a questo punto di allungarsi oltremodo.
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