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17 Novembre 2021 - 07:57
Nel 2017 aveva agevolato il raid del clan Mazzarella alla Maddalena. Luciano Rippa finisce di nuovo nei guai: stavolta per spaccio
NAPOLI. Fu arrestato nel 2017 insieme a due “mazzarelliani” per una spedizione punitiva a un senegalese che provocò anche il ferimento di una bambina di 10 anni. Ma Luciano Rippa, napoletano nato nel maggio del 1984, non era e non è legato al potente clan con base tra il centro storico e il quartiere San Giovanni a Teduccio. Però, terminata quella vicenda giudiziaria in cui aveva avuto un ruolo marginale, è finito nuovamente nei guai con la giustizia. L’altro ieri sera i carabinieri lo hanno sorpreso a Forcella con otto dosi di crack per un peso complessivo di mezzo grammo, sufficiente per far scattare le manette e l’accusa di detenzione di droga ai fini di spaccio.
Sono stati i militari del nucleo operativo della compagnia Stella a bloccare Luciano Rippa mentre camminava da solo nella zona dei Tribunali. Lui si è fermato, confidando di cavarsela evitando di essere perquisito, tanto più che non aveva pendenze con la legge. Ma il sesto senso dei carabinieri lo ha tradito e nel giubbotto sono spuntate le dosi di crack. Ora il 37enne, che data la quantità non elevata di sostanza stupefacente tornerà presto in libertà, è in attesa di giudizio. Nel 2017 Luciano Rippa lavorava come procacciatore d’affari, ma partecipò all’aggressione a un ambulante del mercatino della Maddalena che non ne voleva saperne di pagare il “pizzo” di Natale al clan Mazzarella: 20 euro aggiuntive alla settimana “normale” di 100. Era il 4 gennaio e la discussione con l’extracomunitario degenerò rapidamente al punto che scattò il piano B: una violenta lezione al “nero” che venne letteralmente massacrato con una mazza da baseball. Ma Gennaro Cozzolino, l’unico armato del gruppo, perse le staffe e fece fuoco mirando alle gambe dell’uomo in fuga. Lui rimase illeso, ma i tre connazionali che cercavano di aiutarlo e una bambina di 10 anni che passeggiava mano nella mano con il papà, furono colpiti dai proiettili vaganti.
La drammatica sparatoria di via dell’Annunziata angolo piazza Mancini, culminata nei ferimenti in via Domenico Scherillo, fu ricostruita dai poliziotti della Squadra mobile della questura che condussero le indagini coordinate dai pm Francesco De Falco e Henry John Woodcock. Investigatori e inquirenti esperti che hanno costruito l’accusa su alcuni pilastri (ferma restando la presunzione d’innocenza fino a eventuale condanna definitiva): la confessione di uno degli indagati, le immagini di una telecamera da cui si riconoscerebbero Luciano Rippa e Gennaro Videdomini, le testimonianza del senegalese sotto scacco e dei connazionali, qualche intercettazione ambientale. In manette finirono così due uomini ritenuti legati al clan Mazzarella: Gennaro Cozzolino, autore materiale dei ferimenti, e Valerio Lambiase (fratello di Gianmarco, ucciso i 1 marzo 2015 a Ponticelli nella guerra con i Giuliano-Sibillo), che era in possesso della mazza da baseball. Con loro la polizia arrestò anche Luciano Rippa e Gennaro Vicedomine, procacciatori d’affari, intermediari definiti “naviganti”: coloro cioè che individuano nei mercatini gli ambulanti che vogliono rifornirsi della merce stoccata nei magazzini dai commercianti della zona. Entrambi non vennero però considerati organici al clan Mazzarella e, almeno nel caso di Rippa, quella valutazione non è mutata neppure oggi.
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