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Il boss Ciro Mauro si dissocia

Il boss Ciro Mauro si dissocia

Colpo di scena in udienza, il ras chiede scusa dopo la stangata. Otto affiliati rinunciano ai motivi di appello

NAPOLI. Se non è un terremoto, poco ci manca. Ciro Mauro, temibile ras del rione Sanità, dopo la stangata rimediata nel processo di primo grado decide a sorpresa di fare un passo indietro e nell’udienza di appello celebrata ieri mattina ecco che arriva il colpo di scena. Il boss, reduce da una condanna a vent’anni di reclusione, ha preso la parola e, rendendo una dichiarazione spontanea ai giudici della sesta sezione, ha prima ammesso le proprie responsabilità, dopo di che ha sostenuto di essere dispiaciuto per gli “errori” commessi e che durante la detenzione ha riflettuto molto sui propri trascorsi poco edificanti, da cui ha dunque deciso di prendere le distanze.

Per questo motivo il ras ha chiesto alla Corte di rivalutare la pena che gli è stata inflitta lo scorso anno. Quello sfoderato dal boss dei Miracoli non è stato tra l’altro l’unico dietrofront. Oltre a Ciro Mauro, difeso dall’avvocato Sergio Lino Morra, hanno infatti rinunciato ai motivi di appello anche Vincenzo Leonardo e Alfredo Mauro (difesi dall’avvocato Emireno Valteroni), Giuseppe Chiaro, Assunta Chiaro, Guido De Matteo, Vincenzo Criscuolo, Gennaro Limongello e Antonio Sorianiello. Francesco Riccio, Mario Peluso e Rita Pirozzi hanno invece deciso di patteggiare la pena.

La palla passa adesso alla pubblica accusa, che nella prossima udienza, calendarizzata per l’inizio del prossimo anno, avanzerà le richieste di condanna. Vale la pena ricordare che in primo grado il clan della Sanità aveva complessivamente rimediato oltre due secoli e mezzo di reclusione. Questo, nel dettaglio, il verdetto emesso nel novembre del 2020 dal gip al termine del processo celebrato con la formula del rito abbreviato: Ciro Mauro, 20 anni di reclusione; Pasquale Agnellino, 6 anni; Alifante Alessandro, 4 anni; Lorenzo Cacace, 5 anni; Antonio Chiaro, 8 anni; Assunta Chiaro, 12 anni; Giuseppe Chiaro, 13 anni; Vincenzo Criscuolo, 8 anni; Salvatore D’Alessandro, per il quale è caduta l’accusa associativa, 6 anni; Biagio D’Alterio, 20 anni; Francesco De Matteo, 6 anni; Guido De Matteo, 12 anni e 10 mesi; Rosario De Stefano, assolto; Carlo Fiorito, 6 anni; Emmanuele Imperatore, 8 anni; Vincenzo Leonardo, 8 anni; Gennaro Limongello, 6 anni; Salvatore Marfè, 6 anni; Giuseppe Marigliano, 2 anni; Alfredo Mauro di Ciro, 8 anni; Giovanni Mauro di Ciro, 12 anni; Salvatore Panaro, 12 anni; Mario Peluso, 5 anni; Rita Pirozzi, 2 anni; Francesco Riccio, 4 anni; Antonio Sorianiello, 12 anni; Gaetano Taglialatela, 12 anni; Vincenzo Vacca, 8 anni (definito dai pentiti il “number one” dello spaccio, è stato assolto dall’accusa associativa e condannato solo per spaccio); Vincenzo Varriale, assolto; Giovanni Vespoli, 12 anni; Angelo Visco, 12 anni. Gli imputati erano a vario titolo accusati di camorra, traffico e spaccio di droga, armi ed estorsione aggravata dal metodo e dalla finalità mafiosa. «Il clan Mauro è il più forte», non a caso arringava così i presenti Ciro Mauro durante un summit di camorra registrato dalla microspia piazzata in un locale nella sua disponibilità. Era il 2014 e da allora il gruppo fece il salto di qualità conquistando il rione.

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